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Bandiera bianca

In Italia è meglio esser mediocri in una cosa che bravi a farne due

Antonio Gurrado

Spesso la formazione determina l'identità professionale più delle effettive competenze. Un esempio? La vicenda dell'avvocato-odontoiatra a cui è stata revocata l'iscrizione a uno dei due ordini

Vi fareste praticare la pulizia dentale da un avvocato, o vi fareste difendere in tribunale da un odontoiatra? Io – vi sorprenderò – sì, a patto che l’avvocato sappia fare l’odontoiatra e l’odontoiatra sappia fare l’avvocato. Invece a un avvocato-odontoiatra milanese è stata revocata l’iscrizione a uno dei due ordini in quanto iscritto all’altro, e la Cassazione ha appena confermato il provvedimento sancendo l’incompatibilità fra le due professioni. A nulla è valso che il poliedrico giuridonzista abbia argomentato come l’odontoiatria fosse solo una passione, e che l’iscrizione all’albo degli odontoiatri gli servisse a seguire per diletto corsi di specializzazione mentre esercitava regolarmente il mestiere di avvocato.

Il punto della sospensione, e della successiva sentenza, è che invece al momento della nostra formazione veniamo imbragati in un’armatura che determina chi siamo indipendentemente da ciò di cui siamo capaci; a norma di legge non conta cosa sappiamo fare bensì le marche da bollo sulle pergamene incorniciate in ufficio. Pertanto in Italia è meglio essere solo un qualsiasi avvocato mediocre o un qualsiasi odontoiatra mediocre, anziché un bravo odontoiatra che se la cava col codice civile, un bravo avvocato versato nell’igiene dentale.

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