Foto LaPresse/Andrea Alfano

Bandiera bianca

La fuga dai libri di Saviano

Antonio Gurrado

L'ultima autobiografia dello scrittore sarà a fumetti, dopo i format già sperimentati di monologo teatrale, talk show e serie tv. Seguiranno reality e partita del cuore?

Credo che l’unico modo di comprendere gli scrittori (e il loro pubblico di riferimento) sia considerarli sub specie aeternitatis e direi che lo strumento per farlo sia sceverarli da ogni contingenza – niente biografia, niente fumi della fama, niente bassa cronaca – e analizzarne esclusivamente lo stile: se un poeta passa dall’endecasillabo al settenario, se un romanziere tace per quarant’anni, se un giallista non svela più l’assassino, se uno appena riceve un premio si mette a scrivere coi piedi. Va messo in risalto solo quello, e tutto il resto è sovrastruttura.

 

Ora, presentando la propria autobiografia “Sono ancora vivo” (che è titolo banale per un’autobiografia, di solito un prerequisito sottinteso), Roberto Saviano ha dichiarato di averla scritta a fumetti perché le sue ferite sono troppo grandi per essere contenute dalle parole, e di aver avuto bisogno delle immagini per dar voce a ciò che non è mai riuscito a dire. Ed è questo uno smottamento dello stile paragonabile all’impresa del Wort-Ton-Drama di Wagner, una critica radicale alla forma-romanzo che Robbe-Grillet gli fa una pippa. Fra cento o mille anni gli storici della letteratura dovranno studiare la fuga dai libri di Saviano, e indagare sul perché al romanzo abbiano fatto seguito il reportage, il monologo teatrale, il talk show, la serie tv, quindi il fumetto, poi magari forse un disco e sicuramente prima o poi un reality, prima infine della partita del cuore o, che ne so, del calendario Pirelli; e trarranno conclusioni sullo scrittore più famoso d’Italia e sul suo pubblico di riferimento.

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