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La cultura del sospetto e la Maturità modello Mike Bongiorno

Antonio Gurrado

L'Italia è un paese ormai ossessionato dal timore dei favoritismi. Ma la triste verità, che sarebbe il caso gli studenti imparassero, è che agli insegnanti loro stanno per lo più indifferenti

La busta uno, la due o la tre? La trovata di far iniziare gli orali dei prossimi esami di Stato lasciando che ogni candidato sorteggi l’argomento di partenza fra tre buste chiuse ha scatenato ironiche associazioni coi quiz a premi ma è soprattutto uno scimmiottamento della procedura dei concorsi pubblici. È stata scelta per garantire, dicono, maggiore trasparenza e qualcuno ha gioito per questo. Ciò rivela dunque la considerazione in cui l’Italia tiene oramai questi esami e l’insegnamento in genere: presupporre infatti che i diversi esiti con cui si esce dall’esame dipendano da simpatie e favoritismi, da domandine dure o molli in grado di indirizzare il destino, dà credito alle geremiadi autoassolutorie degli studenti, i quali da sempre giustificano un votaccio col fatto che il prof ce l’ha con loro oppure lamentano di avere dato le stesse identiche risposte di un compagno che ha preso un voto più alto. La triste verità, che sarebbe il caso gli studenti imparassero, è che agli insegnanti loro stanno per lo più indifferenti, sono una teoria di facce tutte simili che si avvicendano negli anni accavallandosi come nei sogni confusi; e che, quando sembra loro di aver risposto tanto bene quanto un compagno più bravo, il voto differente non è frutto di scarsa trasparenza ma dell’approssimazione delle loro nozioni, che non li rende in grado di discernere i diversi gradi di qualità. Comprenderlo è un segno decisivo di maturità, per misurare la quale, mi pare, un tempo c’era un colloquio orale senza buste.

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