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I nostri figli non sono né barbari né eroi

Antonio Gurrado

Dal bullismo in classe al caso di Torre Annunziata, dove un gruppo di studenti ha salvato la vita alla propria professoressa. Ciò che conta è la responsabilità individuale

Cos’hanno in comune i ragazzi di Torre Annunziata che hanno salvato la vita alla loro professoressa disabile e i fin troppi che in tutta Italia hanno alzato la voce o le mani contro altri insegnanti? A prima vista, niente. Hanno scoperto che la loro professoressa non era andata a scuola, hanno notato che non era stata assente nemmeno quando aveva nevicato, sono corsi fino a Vico Equense temendo le fosse accaduto qualcosa in casa, l’hanno trovata agonizzante e l’hanno portata in ospedale giusto in tempo. Nulla a che vedere con le abbondanti nefandezze di cui abbiamo letto in questi mesi. Sta a noi però non interpretare questa bella storia consolante come riscatto della stessa intera generazione di alunni che poco prima avevamo condannato leggendo di cestini volanti, docenti in ginocchio, video umilianti sul web e metodi mafiosi durante la ricreazione. Così accomuneremmo i ragazzi di Torre Annunziata a quelli nefasti delle scorse settimane, riducendo la loro buona azione a sintomo di un progresso della civiltà così come avevamo derubricato le mascalzonate precedenti a sintomo di un disagio sociale. Elevando un fatto di cronaca a norma universale, ignoreremmo il cardine su cui si regge la scelta fra aiutare un essere umano in difficoltà o approfittarne per colpirlo, sia esso insegnante o meno: la responsabilità individuale. Se sottraiamo questo peso alle azioni degli adolescenti, allora sì che sarà colpa nostra.

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