Preparativi per il voto nel Regno Unito (foto LaPresse)

Cosa possiamo imparare dal voto inglese in vista delle nostre scombiccherate amministrative

Antonio Gurrado
Le elezioni comunali di Londra sono di grande esempio per l'Italia, e non perché, in nome del multiculti, consegnano a un musulmano le chiavi della capitale di un regno che sta per lasciare l’Europa politica: da tempo Londra era uscita dalla cristianità, oggi è solo una scossa di assestamento.

Le elezioni comunali di Londra sono di grande esempio per l'Italia, e non perché, in nome del multiculti, consegnano a un musulmano le chiavi della capitale di un regno che sta per lasciare l’Europa politica: da tempo Londra era uscita dalla cristianità, oggi è solo una scossa di assestamento. Sarebbero state d’esempio anche se avesse vinto Zac Goldsmith o uno qualsiasi degli altri dieci candidati, compreso Ankit Love, che ha fondato un partito sul significato del proprio cognome, o Lee Harris della lista civica “Le  canne fanno meno danni dell’alcol”. Il succo sta nel metodo.

 

La scheda elettorale elenca i candidati con a fianco due caselle: una per il voto ideale, una per la seconda scelta. L’elettore appone due crocette in base alle proprie preferenze e rincasa tranquillo per i quattro anni a venire, sapendo che gli scrutinatori calcoleranno anzitutto se un qualche candidato è stato la prima scelta di più della metà dei cittadini. Altrimenti, selezionano i due più votati e aggiungono i voti di ripiego dalle schede in cui le prime scelte erano magari l’amore, le canne o i liberaldemocratici: vince chi assomma più voti. Si chiama Supplementary Vote, è economico, non è complicato e, in occasione della nostra scombiccherata campagna per le amministrative, servirebbe a ricordare agli italiani che la politica è compromesso, consapevolezza di non poter ottenere ciò che si vuole, capacità di accontentarsi del meno peggio senza farsi corteggiare per due settimane, senza rimestare le alleanze, senza fingere di avere cambiato idea proprio il giorno del ballottaggio.

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