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Papa Francesco, le cause dei santi e quell'equivoco sulle spese da tagliare per i poveri

Antonio Gurrado
Nel fine settimana in cui Papa Francesco compie tre anni di pontificato leggeremo giaculatorie a iosa sulla creazione di una Chiesa povera per i poveri, tanto più dopo che ha diramato un rescritto mirato a rendere più trasparente il turbinio di denaro attorno alle cause di beatificazione e canonizzazione.

Nel fine settimana in cui Papa Francesco compie tre anni di pontificato leggeremo giaculatorie a iosa sulla creazione di una Chiesa povera per i poveri, tanto più dopo che ha diramato un rescritto mirato a rendere più trasparente il turbinio di denaro attorno alle cause di beatificazione e canonizzazione. Di fatto, a partire da oggi, viene sottratta ai postulatori l’amministrazione dei fondi di questi procedimenti per arrogarla alla stessa Sede Apostolica, il cui compito è vigilare che le spese non esorbitino al punto da pregiudicare l’avanzamento delle cause. Il documento pontificio tuttavia è estremamente chiaro nel riconoscere che far santi richiede molto lavoro, pertanto comporta molte spese checché ne dicano i pauperisti.

 

Altrettanto chiaramente indica come finalità principale del provvedimento non il risparmio bensì la santità: l’amministrazione controllata serve a non far finire le cause nel nulla, mentre solo ciò che avanza verrà dato ai bisognosi. Leggendo il rescritto mi sono accorto che non ricordavo bene la storia della cena a Betania, in cui Maria sorella di Lazzaro utilizza del costosissimo olio di nardo per ungere i piedi a Gesù. Allora sono andato a controllare: qual era l’apostolo che aveva protestato dicendo che anziché sprecare così l’olio sarebbe stato meglio venderlo e dare il ricavato ai poveri? Era Giuda, come sospettavo.

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