Cricche che non lo erano, in un box a pag. 22

Redazione
Tutti assolti per il “caso Centurione”, ma i giornali se ne dimenticano

Dopo quattro anni di indagini e processi, il Tribunale di Roma ha assolto in primo grado  – “perché il fatto non sussiste” – dirigenti e funzionari del ministero delle Politiche agricole accusati di avere condizionato l’assegnazione di appalti. Tra questi anche l’ex direttore di Buonitalia spa, Ludovico Gay, che ha passato 120 giorni a Regina Coeli in stato di semi isolamento in seguito alle accuse. Quando il “caso Centurione” scoppiò, nel 2012, per giorni gran parte dei quotidiani nazionali diedero risalto alla notizia, con titoli evocativi (“cricca”, “patto dei corrotti”) in prima pagina. Ieri solo Repubblica ha dato quella dell’assoluzione, con un piccolo box di 13 righe a pagina 22, titolando con nonchalance “Tutti assolti, non c’era una cricca al ministero dell’Agricoltura”.

 

Un titolo che rivela molto del metodo di chi da anni in Italia muove i fili dei processi mediatico giudiziari: si parte da sospetti, nomi fatti in intercettazioni, accuse spesso infondate o confuse e da lì si comincia a montare la panna con titoli a effetto, parole evocative come “spunta”, “c’è l’ombra di…”, utili a gettare sospetti e smontare la credibilità di chi di volta in volta si trova coinvolto in situazioni di questo tipo. A quel punto poco importa se ci sarà un processo, né se le accuse verranno provate. Una vicenda simile a quella del sottosegretario al ministero della Salute Vito De Filippo, più volte sputtanato sui quotidiani di questi giorni perché “il suo nome spunta” nelle carte dell’inchiesta dei pm di Potenza. Articoli pieni di “avrebbe”, “sarebbe” e accuse di “coltivare gli amici”, e, addirittura, di aver raccomandato qualcuno. Insomma nulla, ma quel tanto che basta per accendere il ventilatore, sapendo che in un paese in cui pm e giudici non pagano quasi mai per le loro colpe i giornali se la potranno cavare con un box a pagina 22.

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