Il magistrato Piercamillo Davigo

Il magistrato brasiliano anti-casta a lezione da un maestro di Mani pulite

Redazione

Incontro a San Paolo tra Piercamillo Davigo e Sergio Moro, il giudice di Curitiba a capo dell’inchiesta sulla Tangentopoli carioca.

Sergio Moro, il magistrato brasiliano a capo del pool che sta sconvolgendo il sistema politico-imprenditoriale carioca con l’inchiesta “Lava Jato” (ossia “autolavaggio”, qui in Italia tradotta molto sbrigativamente come “la Mani pulite brasiliana”) è riuscito a realizzare il sogno di una vita: incontrare di persona Piercamillo Davigo, uno degli artefici del megaprocesso su Tangentopoli che nel 1992 rivoltò come un calzino il nostro paese, e che alcuni anni fa venne celebrato come “esempio” internazionale proprio dal giudice brasiliano.

 

L’incontro, come racconta Repubblica, è avvenuto ieri a San Paolo, dove il “dottor Sottile” (così era stato soprannominato Davigo quando faceva parte dello storico team in toga capitanato da Antonio Di Pietro), era stato invitato a tenere una lezione sulla sua esperienza di quegli anni. Tra la folla di magistrati e giornalisti che al Centro per i dibattiti della procura federale ha accolto l’ex componente del pool milanese, era presente anche il giudice Moro, che lo scorso 4 marzo nell’ambito dell’inchiesta anti-corruzione del momento ha emanato più di 40 mandati di cattura e di comparizione, tra cui quello per l’ex presidente brasiliano Lula.

 

Il meeting tra i due c’è stato e, come riportato da Repubblica, sarebbe emersa anche una solida vicinanza di idee: “Sia Moro che Davigo hanno sottolineato l’importanza dell’opinione pubblica e dell’indignazione civile della società per gli episodi di corruzione come fatto indispensabile per proteggere chi indaga”. Un modo elegante per intendere il processo di politicizzazione della magistratura, che sulla spinta di un “necessario” consenso dell’opinione pubblica (figura informe e inesistente) provvede a rovesciare il sistema di malaffare messo in piedi dai “potenti”, e a ristabilire così l’ordine e la virtù nella vita pubblica.

 

Ma Moro e Davigo sono apparsi in sintonia anche su un altro aspetto: quello della carcerazione preventiva, per il cui abuso proprio oggi Moro è accusato in Brasile, così come avveniva 24 anni fa con i magistrati della Mani pulite italiana. “Non è vero che abbiamo abusato della custodia cautelare per ottenere confessioni” ha affermato Davigo riferendosi ai suoi anni a Milano, aggiungendo: “Nessuno viene arrestato affinché parli, ma viene arrestato perché ci sono prove che è un corrotto”. Prove, però, che troppo spesso si sono dimostrate del tutto inconsistenti. Non importa: d’altronde, come affermò lo stesso Davigo, “non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti”.

 

Siamo sicuri che Moro riuscirà a fare tesoro delle parole di Davigo. Quella di Mani pulite, infatti, è un’esperienza che ha sempre affascinato il giudice di Curitiba, tanto da spingere quest’ultimo, come dicevamo, a pubblicare nel 2004 sulla rivista del Conselho da Justiça Federal un intervento dal titolo “Considerazioni sull’operazione Mani pulite”, in cui celebrava il numero degli arresti effettuati dai magistrati di Milano e definiva come “essenziale” il processo di delegittimazione del sistema partitico di allora. Un punto su cui Davigo è tornato durante l’incontro di San Paolo: “In Italia i partiti lavorano per bloccare l’azione della magistratura”. Le toghe brasiliane hanno preso diligentemente appunti.

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