Vladimir Putin con Matteo Renzi (foto LaPresse)

Le passeggiate italiane di uno zar

Redazione
Perché Putin può sentirsi forte con Renzi, Mattarella e Papa Francesco

Lo scopo evidente della visita di Vladimir Putin in Italia e in Vaticano è quello di neutralizzare gli effetti dell’intemerata di Barack Obama durante il recentissimo G7 bavarese, che conteneva la minaccia di nuove sanzioni occidentali contro la Russia. Non si tratta di un’impresa particolarmente difficile, visto che il G7 è stato considerato da tutti inutile e, per l’aspetto che riguarda la Russia, addirittura pericoloso. Il modo con cui i principali leader europei, compresa Angela Merkel e naturalmente Matteo Renzi, avevano fatto orecchie da mercante alle richieste di un presidente americano del quale tutti aspettano con ansia la sostituzione era già abbastanza eloquente. D’altra parte, come risulta da un’inchiesta del Wall Street Journal, le opinioni pubbliche tedesca e italiana sono le più restie a una politica di confronto con la Russia.

 

Putin ha sfruttato la situazione di vantaggio presentandosi come partigiano dell’applicazione del patto di Minsk in Ucraina, sottolineando il danno che viene alle imprese italiane dal vincolo delle sanzioni alla collaborazione produttiva, ricordando come la crisi libica, che determina una emigrazione massiccia e incontrollata verso le coste italiane, sia la conseguenza della guerra franco-americana del 2011, alla quale la Russia si oppose vigorosamente. Anche con Francesco, Putin ha una sorta di credito da riscuotere: quando Obama sembrava sul punto di far partire i suoi bombardieri alla volta di Damasco, fu la fermezza di Putin a dare sostanza all’appello di Francesco contro l’utilizzo della forza nella crisi siriana. Naturalmente nessuno può dire come sarebbero andate le cose se quell’intervento contro Bashar el Assad si fosse realizzato, se questo avrebbe favorito o no l’espansione, che oggi comunque si registra, del sedicente Califfato islamico.

 

[**Video_box_2**]Comunque Putin si presenta in incontri con personalità, da Renzi a Sergio Mattarella a (se è lecito dirlo) Papa Francesco, come un leader forte che può farsi valere nei loro specifici ambiti di responsabilità. Il suo antagonista, un presidente americano in scadenza che sembra voler rievocare lo spirito di Ronald Reagan, in circostanze del tutto diverse, appare, a confronto con il presidente russo, un apprendista stregone invischiato in contraddizioni che non ha saputo o voluto affrontare per tempo. L’Unione europea, per parte sua, è paralizzata dalla duplice esigenza di non rompere con l’America (che sulla questione ucraina può contare sull’appoggio di molti paesi usciti recentemente dall’orbita sovietica) e di realizzare il partenariato economico con la Russia che è fondamentale per ambedue i contraenti. Così, tra dichiarazioni tracotanti del G7 e affabilissimi incontri romani si segna, come sempre, il passo in attesa di tempi (e di presidenti americani) migliori.