Gli esperti non esistono

Redazione
Ecologisti evocano un consenso anti fracking che non c’è. Bloccati

Non c’è ricerca scientifica, dieta perfetta, previsione sul clima o allarme sulle conseguenze di qualche cibo o comportamento che non abbia ormai il bollo degli “esperti”. Gli esperti dicono che stando troppo seduti si muore prima; altri esperti dicono che a stare troppo in piedi la schiena si rovina; gli esperti dicono che fare sport fa bene; sempre gli esperti ci avvertono che troppo movimento fa male; gli esperti assicurano che gli inverni saranno sempre meno rigidi, e che comunque la colpa degli inverni rigidi è del riscaldamento globale. Qualsiasi cosa si voglia sostenere, c’è sempre un esperto a cui appoggiarsi, un qualche dipartimento di una sconosciuta università americana che vi ha dedicato uno studio.

 

Fino a qualche giorno fa in Inghilterra girava una campagna pubblicitaria di Greenpeace contro il fracking – la fratturazione del suolo con liquidi per estrarre gas o petrolio – che recitava così: “Il fracking minaccia il clima, il nostro territorio e la nostra acqua. Anche gli esperti concordano: non ridurrà le nostre bollette”. La pubblicità però è stata subito bloccata dalla Advertising Standard Authority (Asa) britannica. Per come è concepito, infatti, lo slogan di Greenpeace fa passare come unanimemente accertato da chi si occupa dell’argomento il fatto che le attività di fracking non porteranno un abbassamento del prezzo dell’energia. Come? Citando generici “esperti” (quanti? chi? non si sa). Nella testa delle persone la parola “esperto” è associata a un’idea di autorevolezza, serietà e approfondimento della materia. Basta la parola – come diceva un’altra vecchia pubblicità – e tendiamo a fidarci del messaggio. D’altra parte, lo dicono gli esperti. Questa volta però a Greenpeace non è andata bene. Come riportava il Telegraph, e in Italia il sito di informazione Strade, “l’Asa ha contestato il metodo di presentare un’opinione personale come un’opinione comune e generalizzata, sulla quale convergerebbe il consenso degli esperti”. Curioso che proprio gli ambientalisti di Greenpeace, sempre così sospettosi nei confronti di studi e ricerche scientifiche “ufficiali”, sentano la necessità di appellarsi agli “esperti” per dare forza alla loro opinione. La speranza è che quella dell’Asa sia solo la prima di una serie di decisioni simili, volte ad abbattere il feticcio dell’esperto, sempre più spesso sinonimo di disinformazione.

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