Forze di polizia intervengono al palazzo di giustizia di Milano dopo la sparatoria di giovedì (foto LaPresse)

Simboli a Milano

Maurizio Crippa
Il noir metropolitano, la strage, le falle. Ma per l’Anm tutto è pretesto per difendere la categoria - di Maurizio Crippa

“Oggi ho ammazzato uno che meritava di essere ammazzato”. Inizia così un “noir metropolitano” che si intitola “A Milano nessuno è innocente”. L’ha scritto un giornalista, Gianluca Ferraris, per una collana che sia chiama “Calibro 9”, molto wannabe Scerbanenco. Non so se il libro meriti, ma il titolo dà una bella curvatura simbolica a questa Milano tornata allo stile Banda Cavallero. E venerdì a Milano è stata una giornata assai simbolica. Milano è una città incazzata, se n’è accorto pure Gad Lerner. Tutta l’Italia è un po’ incazzata. Prima c’erano quelli che facevano irruzione col mitra a Equitalia, adesso c’è uno che dà di matto in tribunale. I signori del tribunale, ma anche i dottori della legge e gli editorialisti, dovrebbero magari domandarsi come mai, invece di cercare solo i simboli che fanno al caso loro. Perché trascurare un noir metropolitano? Diamo, giustamente, del pazzo a Claudio Giardiello che dice “odio i magistrati, il tribunale mi ha rovinato”. Ma forse anche lì c’è un po’ di simbolico, almeno come ce n’era in “Pulp fiction”.

 

Venerdì è stato il giorno delle commemorazioni e del lutto. E ci mancherebbe. Ma è stato anche il giorno in cui la strage del tribunale si è raggrumata in discorsi ufficiali e frasi in libertà. Perché prendere per narrazioni buone soltanto le esternazioni di Rodolfo Sabelli, presidente di Anm, secondo il quale questa strage “ha un valore simbolico”. Simboloco di cosa? “Troppe tensioni e troppa rabbia si raccolgono sulla giustizia”. L’assemblea dell’Anm sì riunita in via straordinaria nell’aula magna del tribunale. Per confermarsi nell’idea che i magistrati pagano un clima sfavorevole (briefing di Gherardo Colombo). Anche il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, non s’è azzardato a spostarsi dal canone: “I magistrati non possono essere lasciati soli. Bisogna esprimere un sostegno concreto alla magistratura per il lavoro che fa per la giustizia per questo paese”. Alla radio, Sabelli ha aggiunto che è “un momento di forte tensione sui magistrati e su tutta la giurisdizione, di fronte a quei morti non possiamo non fare una riflessione sulla solitudine in cui siamo stati lasciati”. Del resto a dare il via alle simbologie era stato Sergio Mattarella.

 

E la simbolizzazione degli avvocati? L’Organismo unitario dell’avvocatura ha proposto un appello al presidente della Repubblica perché si contrasti la campagna denigratoria in corso contro gli avvocati: “Sarebbe inaccettabile che si facessero differenze di fronte a un fatto tragico come questo”. Gli unici, a quanto pare, senza una categoria simbolica d’appartenenza sono i cittadini comuni. Quando muoiono di mala giustizia e quando muoiono sparati nei tribunali.

 

Falle e balle della sicurezza. Poi ci sono le falle, altro grande racconto. C’è sempre una falla. Si puniranno i colpevoli. C’era una falla di sicurezza anche sull’aereo della Germanwings. Ma che sia colpa della AllSystem, una delle società titolari della sicurezza, perché è privata, è un’altra faccenda. Tonino Di Pietro ha ricordato che nel ’94, “in pieno processo Enimont, fu trovata in aula una bomba a mano”. I privati allora non c’erano, ma “già allora il palazzo era un colabrodo”. Una guardia giurata ha detto che “l’Italia è il paese del capro espiatorio da dare in pasto all’opinione pubblica”. Da assumerlo come editorialista.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"