L'avvocato Giulia Bongiorno, Raffaele Sollecito e Luca Maori (foto LaPresse)

La lezione dell'innocente Sollecito

Redazione
Raffaele Sollecito ha ricordato con sobrietà la sofferenza che ha subìto per sette anni e mezzo, quattro dei quali trascorsi in carcere preventivo, per l’accusa infondata di assassinio di cui è stato oggetto.

Raffaele Sollecito ha ricordato con sobrietà la sofferenza che ha subìto per sette anni e mezzo, quattro dei quali trascorsi in carcere preventivo, per l’accusa infondata di assassinio di cui è stato oggetto. In una vicenda che ha suscitato una vastissima attenzione mediatica, le procure si sono occupate di far brillare la loro immagine e le loro tesi, magari trascurando un esame attento di indizi che non sono mai diventati prove – lo ha stabilito la Cassazione – senza nessuna considerazione per il danno che causavano all’inquisito ora definitivamente proclamato innocente. Persino il primo giudice di merito che aveva pronunciato un’assoluzione ha subìto qualche maltrattamento verbale da parte del solito partito delle procure, così abituato al proprio strapotere da offendersi quando si imbatte in un giudice che agisce secondo i più ovvi principi, esercitando la sua terzietà e imparzialità. Ma anche dopo la prima assoluzione l’accusa ha voluto insistere, prolungando la via crucis dell’imputato, senza peraltro avere i mezzi per cambiare l’esito processuale. La nostra procedura penale consente sempre alle procure di appellarsi, anche in caso di assoluzione, e di chiedere alla Cassazione di cancellarla, se l’assoluzione è in Appello.

 

Questo è un difetto grave del sistema, mentre in quelli anglosassoni non si può essere giudicati per un reato dal quale si è già stati assolti. Anche in questa situazione, però, i magistrati d’accusa dovrebbero tener conto del fatto che una assoluzione pronunciata da un tribunale costituisce di per sé la base per un ragionevole dubbio. Se lo avessero fatto, invece di far prevalere la propria presunzione di colpevolezza e la volontà di affermazione mediatica, forse non avremmo dovuto vedere, con pena immensa, il volto di un giovane cui è stata rovinata la vita. Oltre alla persecuzione giudiziaria, Sollecito ha subìto anche quella mediatica: l’insensibilità con cui un innocente, che è tale fino a sentenza passata in giudicato, viene trattato in nome di un’opinione manettara di facile consumo che lascia poi sulle persone strascichi indelebili. Dovrebbe essere una lezione, ma sappiamo che anche questa volta non sarà ascoltata.