Farabi Shafiur Rahman, il primo sospettato dell'omicidio di ‘Avijit Roy (foto LaPresse)

Il rendez-vous con la morte di Roy, il blogger scannato per le idee sull'islam

Giulio Meotti

“Un noto estremista di nome Farabi Shafiur Rahman ha lanciato editti di morte contro di me". Queste parole il blogger Roy le aveva spedite alcuni giorni prima che un commando di fondamentalisti islamici lo scannasse a colpi di machete.

Roma. “Mi sono trovato all’improvviso il bersaglio di terroristi e islamisti. Un noto estremista di nome Farabi Shafiur Rahman ha lanciato editti di morte contro di me. In uno molto popolare, Rahman ha scritto: ‘Avijit Roy vive in America e quindi non è possibile ucciderlo adesso. Ma lo faremo non appena torna’”.

 

Queste parole il blogger americano-bengalese Avijit Roy le aveva spedite a New York alcuni giorni prima che un commando di fondamentalisti islamici lo scannasse a colpi di machete a Dacca, fracassandogli il cranio. Le immagini dell’attentato ci consegnano quel corpo steso a terra, mentre la moglie, Rafida Ahmed, è in piedi vicino a lui, ha i vestiti trinciati dai colpi della mannaia, completamente coperta di sangue. Martedì, le forze di sicurezza bengalesi hanno arrestato l’assassino dello scrittore e blogger. Si tratta proprio di Farabi Shafiur Rahman. Roy aveva dunque nominato il proprio assassino nel testamento scritto poco prima di essere ucciso. E’ stato un rendezvous con la morte. Nel saggio, apparso sul Free Inquiry, rivista pubblicata dall’americano Council for Secular Humanism, Roy spiegava che “i terroristi basati sulla fede non sono altro che virus. Se si permette loro di diffondersi, devasteranno la società in proporzioni endemiche”. Tutto è iniziato con un libro. “Biswasher Virus”, in bengalese “il virus della fede”, è il bestseller di Roy, il titolo che ha anche segnato la sua vita. Nel suo ultimo articolo, Roy paragona il fanatismo islamico al “virus della rabbia, che infetta i neuroni del mammifero ospite, e che poi induce l’ospite a mordere gli altri”. E’ stata una lunga scia di uccisioni. Lo scorso novembre Shafiul Islam, un sociologo universitario, era stato ucciso per strada a Dacca, sempre a colpi di machete, perché aveva vietato il velo islamico integrale alle sue lezioni.

 

[**Video_box_2**]Nel 2013 era esplosa una protesta di massa contro gli scrittori della rete. “Impiccate i blogger atei”: con questo slogan, scandito a gran voce ritmicamente, centinaia di migliaia di manifestanti islamici, confluiti nella capitale bengalese con una lunga marcia notturna, avevano chiesto alle autorità la condanna a morte di attivisti internet che da alcuni anni avevano ingaggiato un braccio di ferro con i fondamentalisti islamici. E visto che non erano stati soddisfatti, gli islamisti avevano deciso di prendere la giustizia nelle proprie mani. Un blogger, Asif Mohiuddin, è stato quasi ferito a morte, mentre meno fortunato è stato il blogger Ahmed Rajib Haider. Lo hanno colpito così tante volte che gli amici a stento hanno potuto identificare il cadavere. Sulla stessa strada dove Roy ha perso la vita, gli islamisti hanno dissanguato a morte anche Humayun Azad, scrittore, poeta, linguista, il cui romanzo intitolato “Naari” (“La donna”) lo aveva trasformato in un obiettivo della falange islamica (era già scampato a un attentato, che gli aveva lasciato il volto sfigurato). Venne ucciso al suo rientro da Monaco di Baviera, in Germania, dove Azad era andato per fare ricerche sul poeta romantico Heinrich Heine. L’altra scrittrice bengalese accerchiata, Taslima Nasreen, due giorni fa, commentando l’uccisione dell’amico Roy, ha scritto: “Sta tornando il Medioevo”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.