Matteo Renzi e Beppe Grillo (foto LaPresse)

La grande comica dell'asse Renzi-Grillo

Claudio Cerasa

Lo spettacolo esilarante del dialogo fasullo tra il 5 stelle e l’ebetino (cit.) e le illusioni dei nostalgici del governo del cambiamento (#spiragli?). Come Renzi usa Grillo. Come Grillo si fa usare. L’occhio a Forza Italia.

Roma. All’interno del gustosissimo spettacolo esilarante messo in scena da diversi mesi dal Movimento 5 stelle, più o meno dal momento stesso in cui i grillini hanno messo piede in Parlamento, la scena, strepitosa, di Beppe Grillo che fischiettando allegramente si dice disponibile, aperto, pronto al dialogo con il Partito democratico, ovvero con lo stesso partito considerato fino a qualche ora prima un covo di politici da mandare a fanculo più o meno tutti corrotti e più o meno tutti al soldo della mafia e governati da qualche tempo da un ebetino del cazzo, è una scena che non può che essere raccontata seguendo l’unica chiave di lettura possibile: la sua assoluta e deliziosa comicità e l’assoluta e meno deliziosa comicità di chi ancora crede che sia possibile riformare e governare il paese con l’aiuto prezioso e strategico di Grillo, Casaleggio e Di Battista. Da questo punto di vista l’intervista ragionevole, e anche per questo comica, rilasciata ieri da Grillo al Corriere della Sera – intervista che ha fatto subito abboccare all’amo del finto dialogo i nostalgici inconsolabili del governo del cambiamento, grillini democratici, vendoliani, civatiani, vetero bersaniani – è simile agli #spiragli offerti negli ultimi mesi al Partito democratico prima sulla legge elettorale (15 giugno 2014, post di Grillo, caro Renzi, noi ci siamo, facciamo qualcosa insieme, dialoghiamo, salvo poi trasformare in poche ore il dialogo in un nuovo formidabile vaffa) e quindi sull’elezione del presidente della Repubblica (29 gennaio 2015, intervista di Di Maio al Corriere, caro Renzi, caro Pd, noi ci siamo, facciamo qualcosa insieme, dialoghiamo, pensiamo a una lista di candidati per il Quirinale, salvo poi trasformare in poche ore il dialogo in un nuovo formidabile vaffa).

 

La strategia di Grillo – se vogliamo evitare di parlare della comicità di un leader di un movimento che non doveva essere partito e si è trasformato in partito e che oggi ha fatto sua la stessa linea (sì al dialogo, sì alla televisione, sì ai talk-show) per la quale diversi parlamentari del suo partito non partito sono stati cacciati dal suo movimento – è più o meno sempre la stessa. Quando il Movimento 5 stelle è in difficoltà, perde terreno nei sondaggi, perde pezzi nei gruppi parlamentari, perde pezzi nei contesti locali, quando insomma la bbbase chiede al grande capo di non buttare nel gabinetto i voti ottenuti alle ultime elezioni, Grillo, o chi per lui, prende fiato e, per mezzora, trasforma in statista l’ebetino e prova a dialogare. In alcuni casi (rarissimi) il dialogo è sincero e può produrre effetti (vedi il caso Consulta-Csm). In altri casi (quasi sempre) il dialogo è solo un modo per dimostrare (a) che il Movimento 5 stelle è vivo e lotta insieme a noi e per dimostrare (b) poi, una volta registrato il rifiuto da parte dell’interlocutore, che non è il 5 stelle che non vuole dialogare ma è il Pd che non vuole uscire dalla logica dell’inciucio con il Caimano.

 

[**Video_box_2**]E quindi si ricomincia da capo. Grillo ha oggettivamente un grave problema di identità che costituisce poi il limite di un movimento che oltre che arrivare sempre tre non conta e non può contare mai un tubo. Il Movimento 5 stelle ha senso se è intransigente. Se è intransigente è irrilevante. Se non è intransigente, però, semplicemente non ha più senso. Gli ami e gli #spiragli di Grillo non pongono però un problema di identità solo all’interno del 5 stelle ma lo pongono periodicamente anche all’interno del Pd. Nel Partito democratico c’è chi utilizza lo spiraglio per sognare una nuova grande e strategica fase politica di riforme insieme con il compagno Di Battista e chi invece usa, e non utilizza, le singole aperture di Grillo o per portare a casa alcuni provvedimenti (raro) o per spingere all’interno del perimetro di governo gli unici alleati con cui Renzi, per affinità, percorso e da un certo punto di vista cinico realismo politico, può combinare qualcosa in questa legislatura: Forza Italia. Finora Renzi ha fatto sempre così: ha usato le aperture di Grillo non per sognare governi con Di Maio ma per minacciare amichevolmente Forza Italia: o torni con noi, o io faccio le cose con Beppe. Ha funzionato finora. Chissà che, anche per la gioia di Grillo, non funzioni anche questa volta.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.