Beppe Grillo (foto LaPresse)

Da Di Pietro a Grillo, manualetto sui papi stranieri caduti come soldatini

Marianna Rizzini

Adesso che ci si ritrova con Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio che escono dal Quirinale parlando di “incontro cordiale e costruttivo” con Sergio Mattarella, il Fatto quotidiano, un tempo amico del Grillo kombat e poi via via più distaccato, può ben titolare con sollievo “Cinque stelle, buona la prima con Mattarella”.

Roma. Adesso che ci si ritrova con Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio che escono dal Quirinale parlando di “incontro cordiale e costruttivo” con Sergio Mattarella, il Fatto quotidiano, un tempo amico del Grillo kombat e poi via via più distaccato, vista anche la sequela di espulsioni e suggestioni serpeggianti nella truppa parlamentare grillina, può ben titolare con sollievo “Cinque stelle, buona la prima con Mattarella”. Sono insomma giorni in cui gli amici di Grillo, dopo aver visto Grillo relegare i suoi soldati nell’angoletto dell’irrilevanza, possono quantomeno respirare. E a “Servizio Pubblico”, dove Michele Santoro si era per tempo smarcato dalla simpatia totale per l’ex comico sbraitante, si può ora ospitare con tranquillità il deputato di M5s Alessandro Di Battista con la certezza di dover, al massimo, sorridere a qualche sua esagerazione (tanto più che dal New York Times è arrivato il premio internazionale alle sue “bufale”). Resta il fatto che Grillo, da papa straniero che pareva, si è accartocciato su se stesso come mai avrebbero potuto immaginare Paolo Flores d’Arcais e la truppa di MicroMega, ora del tutto pro Tsipras visto il panorama desolante in patria e viste le ripetute débâcle dei papi stranieri precedenti, alcuni dei quali un tempo in auge presso lo stesso Fatto e presso lo stesso mondo santoriano (cose che capitano ovviamente anche a parti rovesciati, in altri giornali e tv, quando ci si innamorava e ci si innamora di patti delle crostate, intese Veltroni-Cav. e patti del Nazareno di sorte incerta). E alla fine i papi stranieri, inanellati a ritroso, paiono soldatini caduti al suolo per il calcio troppo forte di un bambino.

 

Prima c’è stato Antonio Di Pietro, l’ex pm che era stato visto, dagli amici mediatici, come il giustiziere no B. per antonomasia, animatore di piazze viola e post-it gialli, e mattatore delle riunioni in piazza Farnese o piazza Navona in cui tuonare contro il Caimano contornati di Sabine Guzzanti in comizio. Solo che Tonino, ohimè, non aveva ascoltato il consiglio di Flores (sciogliti e fai fare il vero “big bang ai movimenti”), e non si era rivelato, a conti fatti, il cavallo vincente che era parso (e anzi, a un certo punto lui e Gianfranco Fini, speranza non dei giustizialisti ma dei moderati pur sempre no B., era stato visto con Tonino sullo stesso viale del tramonto politico). E se Grillo, da subito, non aveva dato le soddisfazioni che persino Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera si aspettava, c’era pur sempre la nascente stella del prof. benecomunista Stefano Rodotà (tà-tà per le piazze), l’uomo uscito dalle Quirinarie grilline come il possibile salvatore di qualsiasi garbuglio, dal governo al Quirinale alla sinistra in crisi prima dell’avvento di Matteo Renzi. Rodotà-tà-tà: il nome echeggiava dai titoli e dagli schermi, e però poi neppure quella era la volta buona (Grillo gli dava di “ottuagenario miracolato dalla rete”). Che fare, allora? Ed ecco che, anche se la stella di Tsipras alle europee non ha brillato come doveva, c’è pur sempre il nome non nuovo per tutte le stagioni: Maurizio Landini, leader Fiom che pareva voler rottamare Susanna Camusso e adesso si affaccia, come già due e tre anni fa, sul panorama di desolazione che poco piace ai guerrieri mediatici anti Cav., ieri, e anti Renzi, oggi. Ma pure con Landini c’è da tribolare: dice e non dice, si concede e si nega, combatte e non combatte (e smentisce i titoli del Fatto – solo i titoli, però). Non resta che consolarsi con un papa (sfiorito?) al giorno: Di Pietro in studio da Santoro la settimana scorsa e Sergio Cofferati, papa straniero d’antan, intervistato sempre dal Fatto mercoledì (ma con l’immancabile Rodotà di giovedì).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.