L'abbraccio tra Renzi e Poroshenko durante il loro incontro di ieri a Kiev (foto LaPresse)

Dopo l'abbraccio a Kiev, Renzi deve tornare da Mosca con un patto sul “fronte sud”

Redazione

Ieri il premier Matteo Renzi ha incontrato a Kiev il presidente Petro Poroshenko, e ha dato seguito alle premesse stabilite negli accordi di Minsk, i cosiddetti accordi di pace tra Ucraina e Russia siglati con la regia di Francia e Germania il mese scorso.

Roma. Ieri il premier Matteo Renzi ha incontrato a Kiev il presidente Petro Poroshenko, e ha dato seguito alle premesse stabilite negli accordi di Minsk, i cosiddetti accordi di pace tra Ucraina e Russia siglati con la regia di Francia e Germania il mese scorso. Monitorare la frontiera, garantire il cessate il fuoco, soprattutto tenere in piedi l’Ucraina che, si sa, ha enormi problemi economici. Renzi ha ribadito che la “sovranità nazionale” del paese sta a cuore a tutti gli europei, e che l’Italia, oltre a fornire il suo aiuto nel monitoraggio del processo sul campo e all’interno della missione della Nato, è in prima fila anche e soprattutto per il sostegno economico: “Faremo di tutto con le aziende e le banche italiane, forti in questa terra, per dare il maggiore apporto possibile”, ha detto il premier, in termini di “tecnologia ed expertise” e anche con una partecipazione alle privatizzazioni annunciate da Poroshenko. Se la questione militare dipende soprattutto dalla volontà russa di rispettare gli accordi presi – le notizie dal fronte dell’est ucraino sono come sempre confuse, ci sono piccoli attacchi quotidiani, ma formalmente il ritiro dalla linea del fronte è iniziato da entrambe le parti – quella economica può essere gestita a livello europeo, in coordinamento con il Fondo monetario che è da tempo disponibile a concedere sostegno se vede sforzi concreti da parte di Kiev.

 

I sorrisi e gli abbracci con Poroshenko sono utili al posizionamento dell’Italia nel dibattito europeo che, complice anche la cautela dell’Alto rappresentante europeo, l’ex ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini, è visto con freddezza da alcuni partner, soprattutto quelli che spingono per la linea dura nei confronti di Putin: gli italiani sono troppo filorussi, dicono. In realtà a muovere Renzi e la diplomazia italiana è una buona dose di realismo, che impone di non condannare il capo del Cremlino a un isolamento infruttuoso, ma di stimolarlo a un coinvolgimento negoziato. Come ha ripetuto anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita a Bruxelles, la preoccupazione dell’Italia è soprattutto il “fronte sud”, nel quale il ruolo della Russia può – e secondo alcuni esperti deve – essere cruciale. Renzi arriva a Mosca nei giorni successivi al funerale di Boris Nemtsov, mentre tutto il mondo si interroga sullo stato del regime putiniano e soprattutto sulla questione centrale: si può trattare con Putin? Sui media internazionali regnano il pessimismo e la condanna – Gideon Rachman sul Financial Times ha parlato di “paranoia nazionalista” che s’è impossessata della Russia – ma il premier ha bisogno di trovare a Mosca un alleato, con tutte le cautele del caso, per il fronte sud.

 

[**Video_box_2**]Da un lato Renzi deve ricevere assicurazioni sul fatto che la tregua con l’Ucraina dell’est regge e c’è la volontà a Mosca di farla durare. Questa è la premessa per poter discutere della lotta allo Stato islamico in medio oriente e nel nord Africa, soprattutto in Libia. Come ha spiegato Paolo Mastrolilli sulla Stampa ieri le posizioni sul fronte libico sono tante, poco coordinate e soprattutto al momento poco concrete: si attende che l’iniziativa onusiana guidata da Bernardino León abbia uno sbocco (e nel caso non ci fosse, il piano B è incerto). Putin ha interlocutori importanti nell’area, e quel che Renzi cerca dal capo del Cremlino è un ruolo di mediazione tra due grandi player come la Turchia e l’Egitto. Soprattutto quest’ultimo è al centro della strategia occidentale in Libia, ed è anche un grande interlocutore della Russia, come ha dimostrato la visita trionfale di Putin al Cairo – con tanto di kalashnikov regalato al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. La missione di Renzi in Russia è il frutto di un’azione sinergica che coinvolge anche la diplomazia e le imprese, perché l’obiettivo è tornare a casa con una dichiarazione importante: la Russia collabora con l’Italia – e quindi anche con l’Europa – nel Mediterraneo. Se contestualmente gli accordi di Minsk reggono, la visita del premier italiano sarà un successo. Sancito, anche, da un fiore.

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