Vladimir Putin (foto LaPresse)

Che fatica star vicini alla Russia

Paola Peduzzi

I paesi baltici subiscono i contraccolpi economici della crisi russa e della guerra ucraina. I costi sono alti, la paura di un’aggressione pure. E c’è pure la lotta mediatica. Secondo le stime, Lettonia, Lituania ed Estonia perderanno quest’anno 690 milioni di euro di business con la Russia.

Non si dorme più nei paesi che confinano con la Russia. In Ucraina, si sa, c’è la guerra guerreggiata, con tutti gli esperti che ogni giorno azzardano qualche bilancio degli accordi di Minsk (seconda versione), reggono? non reggono?, mentre un po’ ci si ritira, un po’ si combatte, molto si sospetta e parecchio si trema. Ma nei paesi baltici, dove la guerra non c’è ma tensione e preoccupazione ci sono eccome, si trema quasi di più, perché la morsa militare ed economica si fa sentire, e si rischia di diventare prede contendibili senza che i partner occidentali quasi se ne accorgano (e se pure ne avessero sentore, la consapevolezza non è certo garanzia di sicurezza).

 

Mentre i piloti della Nato (anche noi italiani siamo coinvolti nel controllo dello spazio aereo della Lituania) sono indaffarati a riaccompagnare jet russi nel loro cielo, gli esportatori – come ha scritto Bloomberg – di Lituania, Lettonia ed Estonia, i membri più recenti dell’area euro, si aspettano una catastrofe imminente: le vendite verso la Russia sono destinate a crollare quest’anno a un quinto del valore attuale. Secondo i dati dei governi baltici, va in Russia il 21 per cento delle esportazioni della Lituania , il 12 per cento di quelle della Lettonia e il 9,8 per cento di quelle estoni. Secondo un report della Danske Bank, la più grande banca danese, il valore dei prodotti e dei servizi destinati alla Russia si ridurrà del 18/25 per cento, che in valore assoluto significa una perdita di circa 690 milioni di euro. La Russia ai tempi del prezzo del petrolio basso e del rublo volatile diventa un vicino ancor meno accogliente, e così anche le economie baltiche hanno dovuto rivedere al ribasso i loro tassi di crescita: secondo le stime del Fondo monetario internazionale, c’è stata una perdita di 1,58 miliardi di dollari in potenziale economico da quando la crisi russo-ucraina è scoppiata, un anno fa.

 

Certo, ci sono delle difese. Gli stati baltici sono tra i meno indebitati della zona euro (un lusso pazzesco se si pensa che il debito cresce ovunque nel mondo, e sempre di più) e le aspettative di crescita sono tra le più promettenti della regione, grazie soprattutto a una fiducia dei consumatori che nei paesi baltici aumenta a ritmi più elevati della crescita economica stessa. Ma la convivenza con la Russia in crisi, isolata, incattivita o, come direbbe Angela Merkel, semplicemente “in un altro mondo”, è ogni giorno più complicata.

 

La settimana scorsa il ministro della Difesa inglese, il conservatore Michael Fallon, ha detto che la Russia di Vladimir Putin pone “un pericolo reale e attuale” ai paesi baltici, e questo naturalmente importa anche a chi tende all’indifferenza, perché quello è il lato più esposto della Nato. “Putin può lanciare una campagna clandestina per destabilizzare queste tre ex repubbliche sovietiche”, ha detto Fallon (sparato sui giornali britannici con toni allarmatissimi), e ha aggiunto: “Mi preoccupano la pressione di Putin sui paesi baltici, il suo continuo testare la reattività della Nato”. Poche ore dopo il governo inglese ha annunciato l’invio di 75 consiglieri militari in Ucraina per addestrare l’esercito di Kiev. Il ministro degli Esteri estone, Keit Pentus-Rosimannus, ha detto che l’aggressività del Cremlino in Ucraina dimostra la volontà di Mosca di “ridisegnare i confini dell’Europa con la forza” e che uno stato conquistatore non può essere considerato un partner affidabile.

 

[**Video_box_2**]La Russia non ha preso bene queste dichiarazioni, che sono condivise da molti altri membri della Nato: dal ministero degli Esteri hanno fatto sapere che vanno al di là dell’“etica diplomatica”, qualunque cosa essa sia. Gli inglesi da ultimo sono diventati molto fastidiosi a Mosca, e questo lo si vede dal fiorire nei media russi di articoli e commenti di dileggio delle paure britanniche. Putin però gode di un grande consenso in patria nella lotta contro l’occidente aggressore e così i paesi baltici ora stanno cercando di combattere la Russia sul suo stesso campo, che è quello – grandioso – della propaganda. La Reuters ha raccontato come questi paesi stiano cercando di costituire nuove reti televisive in russo che facciano da contraltare alle emissioni gestite da Mosca. L’anno scorso la Lituania ha vietato la visione del canale Ntv Mir, di proprietà di Gazprom, per tre mesi, dopo che aveva trasmesso un documentario sugli eventi del 1991, l’indipendenza per intenderci, “intenzionalmente pieno di menzogne”. Il mese scorso ha vietato la visione di un altro canale, Ren Tv Baltic, per “un’inchiesta di guerra” sulla copertura dei fatti ucraini. La Lettonia ha dato 7.200 euro di multa alla Pbk, un canale che ripropone i network russi negli stati baltici, perché raccontava la crisi ucraina giustidicando “l’aggressione russa”. Ma la battaglia non è semplice: negli anni sovietici, molti russi sono andati ad abitare in questi stati. La Lituania è stata l’unica a concedere ai russi la cittadinanza automatica, quando nel 1991 è stata sancita l’indipendenza. In Lettonia ed Estonia, molti russi hanno quelli che vengono chiamati passaporti “da non cittadino” o “alieni”, che permette loro di viaggiare ma non di votare alle elezioni nazionali: il loro status è da anni motivo di lite con Mosca. I paesi baltici ora temono che a Putin basti la sua tattica di destabilizzazione – tattica cui ancora non si è trovata una risposta in Ucraina – per creare nuovi fronti anche dalle loro parti. Ma le risposte non sono sempre adeguate: combattere Putin con i suoi stessi metodi, vietando ad esempio la visione libera di canali tv, non pare una soluzione. Alla propaganda bisognerebbe rispondere con notizie più oggettive, ma l’oggettività è una delle vittime di questo conflitto, fin dall’inizio.

 

Ecco che allora la preoccupazione, negli stati baltici, non cala. Le incursioni aeree continuano, le divisioni all’interno dell’Unione europea si accentuano, soprattutto quando alla fine di ogni mese arrivano i dati economici che dimostrano come l’isolamento russo abbia un peso decisivo sulle nostre economie. Stretti nella morsa militare ed economica, i paesi baltici chiedono rassicurazioni – e la Nato ne fornisce – mentre osservano anche loro quanto regge la tregua in Ucraina. E in coro dicono: guardate che cosa accadrà a Mariupol’, fate i vostri bilanci, e non lasciateci soli.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi