Una manifestazione in supporto di Putin qualche giorno fa a Stavropol (LaPresse)

Le ombre lunghe che oscurano il lungo ciclo di Vladimir Putin

Giuliano Ferrara

Il cadavere di Boris Nemtsov sotto le mura del Cremlino proietta un profilo d’oscurità agghiacciante sulla Russia d’oggi. Era già successo con l’omicidio di Anna Politkovskaja. Tutte provocazioni, per dirla alla svelta con il presidente russo? - di Giuliano Ferrara

Non capire le ragioni di Putin e della sua Russia è stupido, ma vedere luce dove si allunga l’ombra è cieco. Il cadavere di Boris Nemtsov sotto le mura del Cremlino proietta un profilo d’oscurità agghiacciante sulla Russia d’oggi. Era già successo con l’omicidio di Anna Politkovskaja. Con i casi politico-legali a sfondo criminale di Khodorkovsky e Magnitsky, con le storie londinesi di spie e di avvelenamenti. Tutte provocazioni, per dirla alla svelta con il presidente russo? Opposizione politica, libertà di espressione, battaglia intorno a dossier e verità scandalose, corruzione di stato e di nomenklatura, uso arbitrario dei poteri di polizia e di giustizia penale: l’85 per cento di consenso che Putin raccoglie va molto al di là delle tecniche di potere e propaganda ideologica le più spregiudicate, ha radici profonde nella storia secolare del paese e in quella recente della Russia sovietica e postsovietica, compresa la politica estera e territoriale, ma la ricostruzione di un’identità nazionale e di un potere dotato di autorità robusta contro le tendenze disgreganti, anarchizzanti, sfocia in un assetto di regime sempre meno tollerabile, sempre meno giustificabile.

 

Un’alternanza liberaldemocratica fondata sul rule of law sarebbe stata miracolosa visto il modo in cui è avvenuta la rivoluzione o reazione contro il passato collettivista, totalitario, imperiale della Russia dei soviet, di Stalin e del partito unico. Eppure bisogna domandarsi, con il procedere della crisi economica e geopolitica in corso, che ne sarà della patria russa al 2024, quando scadrà il lungo ciclo di Putin, iniziatosi nel 1999. Quanto può vivere senza marcire un regime incapace di inglobare o accettare una vera opposizione democratica, una dialettica di forze economico-sociali di tipo liberale, un formale e sostanziale assetto di legalità e di limiti del potere statale? Bastano a prefigurare un percorso istituzionale e politico decenti l’elezione popolare diretta del presidente, la conferma di successivi mandati sempre più lunghi, una apparente liceità – non senza condizioni revocabili – del sistema dell’informazione e dell’opinione pubblica, una classe media diffusa, una burocrazia centralizzata e onnipotente, un nucleo ideologico cosiddetto eurasiatico, il patrocinio reciproco di chiesa ortodossa e stato laico, un’opposizione frantumata e marginalizzata, l’amicizia di Gerhard Schroeder e l’abbraccio dei realisti d’occidente?

 

[**Video_box_2**]Chi è prodigo di riconoscimenti per Putin, chi ha sospeso più o meno benevolmente il giudizio sulla sua affidabilità come capo di una grande potenza piena di risorse e gravata di storia, chi non vuole farsi dettare la linea di interpretazione dal gioco delle propagande incrociate, deve tuttavia interrogarsi sul destino di un regime in cui gli avversari politici e di società del potere fanno la fine che fanno. Mi sembra il minimo. L’immensa popolarità di Putin, la pratica assenza di obiezioni e di alternative anche solo in incubazione, è il risvolto perfetto di qualcosa che non funziona nel modo di essere della Russia. E’ quando tutti ti danno ragione che devi cominciare a pensare dove hai torto.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.