Umberto Eco

Mondadori-Rcs e un matrimonio che s'ha da fare

Nicoletta Tiliacos

Dopo aver firmato con una cinquantina di autori l’appello contro l’ipotesi di acquisto di Rcs Libri da parte di Mondadori Libri, Umberto Eco, vera guida della protesta, ieri rincarava la dose su Repubblica, con un articolo offerto in anteprima ai lettori italiani ma destinato ai lettori del Monde.

Roma. Dopo aver firmato con una cinquantina di autori l’appello contro l’ipotesi di acquisto di Rcs Libri da parte di Mondadori Libri, Umberto Eco, vera guida della protesta, ieri rincarava la dose su Repubblica, con un articolo (“Non lasciamo che Mondadori divori Rizzoli”) offerto in anteprima ai lettori italiani ma destinato ai lettori del Monde. Quando lo leggeranno in Francia, forse qualcuno ricorderà che nel 2002 la Hachette dei fratelli Lagardère “divorò” il comparto editoriale di Vivendi Universal, diventando il primo gruppo librario del paese. Anche lì ci furono autori preoccupati per un monopolio monstre (si parlava di più del 40 per cento del mercato nazionale) e concorrenti indignati (“La singolarità e la vitalità del mercato del libro francofono è in pericolo”, dichiarò Antoine Gallimard). Poi l’affare si concluse, con alcuni accorgimenti prescritti dall’Antitrust, e tutti se ne fecero una ragione.

 

In Italia, ci si preoccupa per piccoli editori bistrattati e per la trasparenza (addirittura) dei premi letterari messa in pericolo dal gigante prossimo venturo, con alcuni effetti comici involontari messi in luce, sul Foglio di sabato scorso, dalla scrittrice Sandra Petrignani. Ma il problema vero sembra risiedere nella natura dei protagonisti dell’operazione, dove sarebbe la vorace Mondadori berlusconiana a mangiarsi i marchi della Rizzoli in grave crisi di liquidità. Si provi a immaginare la situazione inversa: Umberto Eco si sarebbe scomodato a gridare al monopolio liberticida? E il ministro Franceschini, con Bersani, avrebbero manifestato altrettanta “preoccupazione”? Quel che è certo è che né loro né altri si sono troppo preoccupati quando, a luglio, fu annunciata l’intesa per la nascita di un polo distributivo librario davvero monstre, costituito da Messaggerie italiane con la Pde appartenente a Feltrinelli  (che è anche titolare della catena di librerie più importante, dal punto di vista del fatturato). Né mugugni né appelli, anche se il capitolo distribuzione è uno dei più dolenti e penalizzanti per le piccole case editrici e per gli autori che vi pubblicano i loro libri. A dicembre l’Antitrust ha comunque dato il via libera all’operazione, con alcune condizioni correttive, avendo accertato “che la futura joint venture andrà a detenere una posizione dominante sul mercato della distribuzione dei libri di ‘varia’ per conto di editori terzi”.

 

A essere convinto che la nascita del mega polo non andrebbe vista con animo da tifoseria è Giuliano Vigini, uno dei massimi esperti di editoria italiana, critico e scrittore: “Se andasse in porto – spiega Vigini – coprirebbe il 38,6 per cento del mercato italiano. Ma per parlare di abuso di posizione dominante non basta. Serve un danno effettivo alla concorrenza e alla clientela, valutato dall’Antitrust. Un’acquisizione di quel genere cambierebbe però le regole in un contesto che è già caratterizzato da pochi gruppi forti e, per il resto, da una grande frammentazione”.

 

Giuliano Vigini ricorda anche che “la paura di offuscamento dei singoli marchi deve fare i conti con il fatto che quell’offuscamento non è interesse di nessuno, tantomeno della Mondadori che acquisisse Rcs Libri. Valgono semmai altre comprensibili paure, come quelle degli autori, di trovarsi meno coccolati in un supergruppo e con meno potere contrattuale”. Umberto Eco lo ha perfino scritto con franchezza, che il nuovo colosso potrebbe dire a uno come lui: “O vieni con noi, alle condizioni che noi proponiamo, o vai a finire nelle mani di un editore minore”. Ma non si capisce perché i lettori dovrebbero preoccuparsi dell’atroce eventualità, come se fosse impossibile, per Eco e altri come lui, rivolgersi  a Feltrinelli o rifugiarsi nelle capienti braccia dei marchi del gruppo Gems (Mauri Spagnol). Allo stesso modo, non si capisce perché la lottizzazione dello Strega tra Mondadori e Rizzoli, ormai pacificamente consolidata negli ultimi anni grazie ai pacchetti di voti predeterminati dalle due case editrici più importanti, dovrebbe apparire più equa della paventata influenza di un solo grande colosso (che almeno per motivi di decenza potrebbe vincere un anno sì e uno no, chissà). C’è poi la comprensibile resistenza dei dirigenti che avevano lasciato Mondadori per approdare a Rcs.  Tra questi, due big come Laura Donnini, ex direttore generale delle Edizioni Mondadori passata con lo stesso ruolo a Rcs Libri, e Massimo Turchetta, anche lui ex Mondadori e ora direttore generale della Libri Trade in Rcs.

 

[**Video_box_2**]Rimane il dato di fatto delle difficoltà economiche di Rcs e della necessità di fare cassa con la vendita del comparto libri. E siamo sicuri, chiede Vigini, “che vendere ad Amazon o a un colosso straniero sarebbe molto meglio e porterebbe maggiori benefici ai piccoli editori italiani o ai librai? Non dimentichiamo che  il polo Mondadori-Rcs Libri, se vedesse la luce, in Europa continuerebbe a essere un nano. Il primo assoluto, l’inglese Pearson, lo vale otto volte, ma anche il gruppo francese Lagardère o Random House, tanto per fare alcuni nomi conosciuti, surclassano di gran lunga quello che in Europa resterebbe un piccolo gruppo. I primi cinque editori europei, ognuno per conto proprio, fatturano più di tutta l’editoria italiana. E’ un mercato modesto come quello italiano che assegnerebbe a Mondadori-Rcs una quota vicina al 40 per cento. Ma certo nulla sarebbe più come prima, per la piccola e media editoria. Gli altri gruppi – come Feltrinelli o come Gems, il terzo e l’unico che può vantare una crescita del 5 per cento nell’ultimo anno, mentre sia Mondadori sia Rcs sono in calo – si potrebbero trovare a dover fare condizioni più vantaggiose ai librai per contrastare comunque un’egemonia. E il piccolo editore, che oggi pubblica una media di 4,1 per cento di titoli ogni anno, contro i 250 titoli in media di un editore medio-grande, dovrebbe produrre di più, per esistere. Ed è vero che potrebbe non farcela, come già tanti non ce la stanno facendo”.

 

Giuliano Vigini ribadisce quello che va scrivendo da tempo su Avvenire, e cioè che “il 2015 sarà un anno di svolta per l’editoria e il mercato librario italiani. Non può essere altrimenti, e lo confermano tanti segnali, tra i quali l’offerta di acquisto Mondadori per Rcs è solo il più vistoso.  Si rimprovera sempre ai nostri editori di essere troppo piccoli e sottocapitalizzati. L’operazione Mondadori-Rcs porterebbe con sé benefici di riduzione di costi legati alle economie di scala (basti pensare ai costi tipografici), e di conseguenza una maggiore redditività, che è quello che conta. Conta, a maggior ragione, in una situazione di crisi che ha fatto segnare un ulteriore calo di due punti nel numero dei lettori. Stiamo parlando di persone che non hanno comprato libri e prima lo facevano. Non si sono nemmeno rivolte al digitale, sono semplicemente sparite. Calano i lettori, mentre il mercato si contrae e si parcellizza. A marzo, con i nuovi bilanci Mondadori e Rcs, si capiranno molte cose”.

 

Si capirà anche se il “divoramento” paventato da Eco e friends avverrà e se davvero sarà così funesto e liberticida per l’editoria libraria italiana. E magari si capirà, come fu per l’Einaudi “divorata” da Mondadori (o, in America, per la raffinata Knopf  finita nelle braccia del colosso Bertelsmann), che non era il caso di preoccuparsi, anzi.

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