Juliette Binoche sul red carpet di Berlino (©Future-Image Zuma press/LaPresse)

Popcorn berlinale

Qualche film lo sbagliano pure i geni (e qualche film è più sbagliato degli altri)

Mariarosa Mancuso

Non è che Werner Herzog non abbia mani sbagliato un film. I dipinti rupestri nelle grotte francesi di Chauvet, ripresi a tre dimensioni in “Cave of Forgotten Dreams”, facevano sbadigliare. Fino al colpo di scena finale: quando le immagini mostravano un bisonte disegnato in stile decisamente futurista, come il cane multizampe nel dipinto di Giacomo Balla.

Non è che Werner Herzog non abbia mani sbagliato un film. I dipinti rupestri nelle grotte francesi di Chauvet, ripresi a tre dimensioni in “Cave of Forgotten Dreams”, facevano sbadigliare. Fino al colpo di scena finale: quando le immagini mostravano un bisonte disegnato in stile decisamente futurista, come il cane multizampe nel dipinto di Giacomo Balla. Ma se già nella preistoria, con pochi tratti di pietra friabile, riuscivano a dare l’illusione del movimento, le meraviglie del 3D non sembrano più tanto meravigliose. (Il ragionamento vale in generale e si rafforza dopo “Jupiter” dei Wachowski: la profondità serve per i luoghi inventati, nel tinello infastidisce perché mettono sempre di mezzo un soprammobile).

Qualche film lo sbagliano anche i geni (può andar peggio: Wim Wenders, che i film ha sbagliati quasi tutti, riceverà dalla Berlinale l’Orso d’oro alla carriera). Eppure “The Queen of The Desert” – in concorso sempre a Berlino – è più sbagliato degli altri. Saranno state le aspettative verso il lavoro di Herzog, parecchio alte nel nostro caso. Sarà che lo abbiamo visto dopo il film d’apertura firmato Isabel Coixet, “Nobody Wants The Night”: tragica avventura – in tutti i sensi, ancor di più se parliamo di cinema – con Juliette Binoche che raggiunge il marito in Groenlandia. Vuole essergli vicina quando conquisterà il Polo nord: siamo nel 1909, lui era Robert Peary e gli contenderà il record l’ex compagno di spedizione Frederick Cook.

Dettagli, nel film Peary non si vede mai. Tutto si svolge tra la baracca dove la consorte legittima Josephine cena vestita come per andare al ballo, e l’iglù dirimpetto dove vive l’esquimesina amante dell’esploratore. Le notti sono fredde, figuriamoci al Polo, e lui l’ha pure messa incinta (sbadiglio). Ora la lunga notte arriva (altro sbadiglio). E le due donne dopo qualche scaramuccia (sbadiglio) devono per forza allearsi (sbadiglio finale coperto dal pianto del neonato). Juliette Binoche ha rivelato in conferenza stampa che hanno girato il film nel calduccio di uno studio. Non ce n’era bisogno: l’iglù non sembrava di ghiaccio neanche nel buio della notte.

[**Video_box_2**]“The Queen of The Desert” racconta un’altra donna tosta, Gertrude Bell. Spariti i ghiacci, siamo nel deserto di Lawrence d’Arabia, che qui ha il faccino dell’ex vampiro Robert Pattinson e lo strofinaccio in testa (risate in sala, e un pensiero devoto a Peter O’Toole). Nel prologo, i britannici che devono tracciare i confini dell’Iraq (altre risate) chiamano in soccorso miss Bell che conosce le tribù. Passa un’ora prima che la ragazza decida di diventare quel che sarà: un’archeologa, una scrittrice, una spia e una politica (all’epoca, da quelle parti, le cose andavano di pari passo). Come molla, serve una delusione d’amore: nessuna femmina, al cinema almeno, combina qualcosa se non è zitella. Arriva James Franco, con l’aria smarrita di chi sta lavorando su tre set contemporaneamente, e l’unica istruzione ricevuta suona così: “Fai gli occhi dolci a Nicole Kidman e giacché siamo a Teheran cita le poesie di Omar Khayyam”.

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