Il presidente turco, Recep Teyyip Erdogan (foto LaPresse)

Perché leggendo il Times Erdogan ha avuto un travaso di bile

Redazione

C’è solo una cosa che fa infuriare il presidente turco Erdogan più del suo arcinemico Fethullah Gülen, predicatore islamico moderato in esilio autoimposto in America, e quest’altra cosa è il trattamento a suo dire ingiusto che i media e i governi stranieri riservano alla sua Turchia.

C’è solo una cosa che fa infuriare il presidente turco Erdogan più del suo arcinemico Fethullah Gülen, predicatore islamico moderato in esilio autoimposto in America, e quest’altra cosa è il trattamento a suo dire ingiusto che i media e i governi stranieri riservano alla sua Turchia. Così, quando il più autorevole dei media stranieri, l’americano New York Times, ha ospitato sulle sue pagine un lungo op-ed di Gülen, è facile immaginare che durante la rassegna stampa Erdogan abbia avuto un rovescio di bile.

 

Dal New York Times Gülen attacca duramente Erdogan e il suo governo diceno che la Turchia ha smesso di essere un modello per il mondo musulmano e che Ankara ha ormai perso l’opportunità storica di entrare nell’Unione europea. Gülen dice pure che la Turchia si sta trasformando in uno stato man mano più autoritario e repressivo, e che la democrazia è in pericolo. L'oppositore di Erdogan poi difende l’organizzazione da lui fondata, Hizmet, un conglometato economico ed educativo con ramificazioni profonde nei gangli di potere dello stato turco.

 

Ma più che le argomentazioni di Gülen, ripetute dal predicatore in molte interviste, è il palco da cui sono state pronunciate che fa infuriare Erdogan. Il presidente turco ha un contenzioso aperto da anni con i media internazionali, che prima lo hanno esaltato come modello per il mondo islamico e poi, specie dopo le proteste di piazza Taksim del 2013, lo hanno definito despota e “sultano”. Erdogan ha una lunga storia di insulti contro i giornalisti internazionali e di censure dei media locali.

 

[**Video_box_2**]Con Fethullah Gülen, poi, la faida è iniziata alla fine del 2013, quando tra Hizmet e l’Akp si è rotta l’alleanza islamica che aveva portato Erdogan al potere. Sui giornali vicini a Gülen sono uscite intercettazioni imbarazzanti su Erdogan e sulla sua famiglia, e in risposta il governo ha organizzato delle purghe contro i “gulenisti” presenti nella polizia, nella magistratura, nei media. La vittoria di Erdogan prima alle elezioni locali, e poi alle presidenziali l’anno scorso, ha segnato la vittoria del leader turco nella contesa con l’Akp, ma non ha posto fine alle purghe. Poche settimane fa la Turchia ha esteso un mandato di cattura contro il predicatore Gülen, e il 26 gennaio ha cancellato il suo passaporto.

 

Ma ora Gülen, che Erdogan volebbe trasformare in nemico pubblico della Turchia, pontifica dalle pagine del più autorevole quotidiano del mondo, e questo è un endorsement notevole da parte dell’intellighenzia americana, e forse non solo di quella. Erdogan, a colazione, avrà avuto un colpo leggendo il giornale.

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