Filippo Facci

Ti amo (botola)

Annalena Benini

Di che cosa parlano gli uomini quando parlano di donne, e che cosa fingono, quando fingono interesse e in realtà sognano una botola che dal letto porti lei direttamente al taxi. Facci e il suo inventario degli uomini che amano troppo: infelici, frustrati, confusi, ridicoli.

Di che cosa parlano gli uomini quando parlano di donne, e che cosa fingono, quando fingono interesse e in realtà sognano una botola che dal letto porti lei direttamente al taxi, e lasci lui libero di fumare, mangiare, soffrire per un’altra, sentirsi solissimo. E che cosa succede quando gli uomini si distraggono un momento e zac, lei si è sposata, sempre alla stessa età, sempre attorno alla stessa crisi.

 

“Sposati. Illuditi. Disilluditi. Ci vediamo tra un paio d’anni, quando avrai smaltito la sbornia, quando tornerò qui. Perché io tornerò qui. Ma questo non distruggerà il tuo matrimonio, non preoccuparti: lo terrà in piedi”. Nel catalogo sugli incastri e le incomprensioni fra uomini e donne di Filippo Facci, giornalista e scrittore, “Uomini che amano troppo” (Rizzoli, esce oggi), non ci sono vittime né carnefici e l’adulterio è una regola assoluta, un bisogno primario, dice una ragazza mentre cerca la sua calza nel letto di un motel, intanto lui la ascolta e invidia il dottor Zivago, mai rintracciabile al cellulare, mai controllabile tramite carta di credito e WhatsApp.

 

Gli uomini sognano la botola ma poi soffrono furiosamente perché lei se n’è andata e chiedono aiuto all’amico psichiatra, le donne tollerano l’uomo-gambero, che inizia una storia con entusiasmo e subito comincia a fuggire: non l’ho mai detto, non ti ho mai illuso, hai capito male (in alcuni casi, se lui non fugge di spontanea volontà, è lei a tenere nella borsa una fede finta per evitare scocciature). E’ una guerra infinita, a volte allegra e spesso dolorosa, spogliata di tutti gli strati di buona educazione (“guardami, sono un poveraccio, è colpa delle scaldamutande come te”). Ventitré anni prima lui aspetta sotto il portone al freddo che i genitori di lei vadano al cinema per salire di nascosto, e ventitré anni dopo d’inverno aspetta sotto il portone che il bambino si addormenti e lei sia sola: il bambino non deve vederti, perché sennò, quando incrociamo il papà, ti riconosce e scoppia un casino (“e intanto io sono qui assiderato”). Forse lei (che non è mai la stessa) ha più chiaro il mondo, forse lui (che è mille uomini diversi) è più ridicolo, confuso, insicuro, perfino disperato. Fa cilecca. Ha paura delle trentenni, che hanno quello sguardo: rendimi felice, e non reggono il presente. E infatti dopo i trent’anni cambia tutto. Cioè? “Parte il grande troiaio”. Tutto si rimescola e si incasina, gli uomini incapaci sono ancora più incapaci, ma la sorella di tua moglie ti fa gli occhi dolci e tu corteggi la fidanzata del tuo migliore amico, il direttore con la segretaria, i vicini di scrivania. Il grande cocomero senza l’innocenza, l’amore senza l’illusione, la vita senza quei due che, in mezzo a un miliardo di persone, provano a far funzionare quello che hanno costruito insieme, e sembrano felici perfino.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.