Angela Merkel e David Cameron (foto LaPresse)

L'altra fuga dall'Ue

Cameron fa lo spavaldo con Merkel sull'Ue, ma ha per lei grandi progetti

Paola Peduzzi

Il premier inglese ospita la cancelliera e minaccia di anticipare il referendum sulla “Brexit”. La priorità del Ttip.

Milano. Domani David Cameron, premier britannico, accoglie a Londra Angela Merkel, cancelliera tedesca, per l’ultimo bilaterale prima delle elezioni inglesi di maggio, e da qualche giorno non fa che rilasciare interviste e dichiarazioni per dire: sono uno dei pochi leader che trattano la Merkel da pari, farò valere questa forza, con un po’ di spavalderia, qualche velata minaccia e un progetto ambizioso. Europa, immigrazione, Ttip (che sta per Transatlantic trade and investment partnership, l’accordo di libero scambio che l’Unione europea sta negoziando con gli Stati Uniti), Russia: sono questi i temi in agenda, in preparazione del G7 che si terrà in Baviera a giugno, ma il pensiero di Cameron si ferma per ora al 7 maggio, il giorno in cui gli inglesi decideranno se la sua leadership è salva. Gli sherpa londinesi si augurano prima di tutto che Merkel non rilasci, dopo l’incontro, dichiarazioni troppo dure o troppo precise: deve restare in piedi l’accordo informale di oggi, che prevede che Cameron faccia campagna perché il Regno Unito rimanga nell’Ue al referendum previsto nel 2017 a patto che siano rinegoziati i suoi poteri (secondo il Daily Mail, il premier non lascerebbe nemmeno libertà di coscienza ai parlamentari conservatori, che sono in media ben più euroscettici del loro boss, e il Mail riporta la notizia con tono scandalizzato, naturalmente). Ma con la zona euro di nuovo in pericolo, a Bruxelles gli umori nei confronti di Londra non sono affatto concilianti: non è tempo di capricci né di cedimenti verso le forze anti euro, si deve rimanere uniti. Cameron però deve fare i conti con l’Ukip di Nigel Farage che rosicchia consensi proprio nell’enorme bacino del capriccio euroscettico e non può lasciare che la scontrosità brussellese abbia il sopravvento. La linea è chiara (ed è anche condivisa da molti nell’Ukip, al punto che non si esclude un’eventuale alleanza tra Tory e indipendentisti): il Regno Unito resta soltanto se l’Europa si riforma, altrimenti è finita. Cameron, oltre a guidare l’economia più solida del gruppo (più solida ancora di quella americana, che già è una festa), si fa forte anche di una leadership riconosciuta: Barack Obama mi chiama “bro”, ha rivelato il premier inglese sabato.

 

Cameron deve avere qualcosa da offrire al suo elettorato e così dice che si potrebbe anticipare il referendum al 2016, in modo da ridurre al minimo il tempo dell’incertezza (e convincere chi crede che il premier non faccia sul serio). Non è detto che Merkel gli conceda qualcosa sul tema del “win back our sovereignty”: Londra ha ben pochi alleati nell’Ue, molti vedono la cosiddetta “Brexit” quasi con sollievo, e la cancelliera non ha intenzione di indispettire mezzo continente per salvaguardare il rapporto (comunque solido) con Cameron. C’è poi il gran tema della immigrazione a dividere i due leader: la libertà di movimento all’interno dell’Ue non si tocca, dice Berlino, quando Londra, sempre per evitare il drenaggio di voti da parte dell’Ukip, chiede di introdurre quote d’ingresso (e i giornali inglesi sono pieni di articoli su Pegida, il movimento tedesco anti islamizzazione che manifesta a Dresda: come la mette Merkel adesso se si trova con un problema di integrazione simile a quello britannico?). Al momento non si trova un punto d’accordo sul tema, ma sui sussidi pagati agli immigrati – sussidi da rivedere al ribasso o abolire – c’è molta più condivisione. Ed è dai piccoli ma sostanziosi sprazzi di vicinanza che Cameron vuole partire per completare il suo progetto più ambizioso: convincere Merkel a negoziare un Ttip più ampio e più profondo possibile con gli Stati Uniti. Più il mercato è libero più Londra e l’Ue ne traggono vantaggio, dice Cameron, registrando così il volere del suo alleato americano, con il quale ha costruito un rapporto di fiducia e di intimità che il premier inglese ostenta con orgoglio quasi infantile (quel “bro” che usa Obama con Cameron non ricorda tanto il vituperato “Yo Blair” con cui George W. Bush chiamava l’ex premier Blair?). In questo modo Londra tornerebbe a esercitare il ruolo di special partner di Washington, lavorando però in asse con la Merkel, con la quale Obama non ha un rapporto del tutto pacifico. Magari così anche qualche capriccio euroscettico può essere tollerato.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi