Terra dei Fuochi (fatui) libera dai giudici

Alberto Brambilla

I pomodori, la rucola, le fragole insomma i vegetali coltivati a Caivano nella provincia di Napoli, in piena (e presunta) Terra dei Fuochi, sono sani. La Cassazione sbriciola le balle giudiziarie. Ecco la sentenza in esclusiva.

I pomodori, la rucola, le fragole insomma i vegetali coltivati a Caivano nella provincia di Napoli, in piena (e presunta) Terra dei Fuochi, sono sani. I terreni agricoli non sono avvelenati. Le sostanze chimiche nei pozzi di irrigazione sono presenti nelle quantità esistenti in natura, sotto ai limiti di legge previsti per l’acqua potabile. L’ha certificato la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso dell’agricoltore Vincenzo Capasso i cui terreni sono sotto sequestro da circa un anno per decisione preventiva della procura.

 

La giornalista di Fanpage.it Gaia Bozza ha ricostruito la vicenda (qui). Filippo Facci ne ha dato conto su Libero dell’11 dicembre (qui). Ma la sentenza è stata silenziata, al Palazzo di giustizia di Napoli preferiscono non darle risalto, i giornaloni svicolano, i mastini da procura si otturano le froge. Meglio non fare sapere, meglio non smontare la bella balla della Campania felix avvelenata. I cittadini prima non credevano agli scienziati, ora diffidano pure degli avvocati.

 

D’altronde il lavaggio mediatico è stato enorme, la letteratura in merito si spreca tra libri, documentari e reportage di testate nazionali e internazionali (blasonato New York Times compreso). Nessuno compra le fragole al mercato. In fondo fa più fracasso il solito sottofondo mediatico di un pronunciamento della corte suprema destinato a fare giurisprudenza.

 

Meglio dunque leggere la sentenza che fa vacillare incrostati convincimenti. E’ la n. 45001 del 2014 della prima sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta dal magistrato Arturo Cortese, depositata lo scorso 29 ottobre (il documento in esclusiva qui). Cosa dicono le motivazioni? “Non può ritenersi corretto, neppure ai limitati fini dell’apprezzamento del fumus contestato – ovvero l’avvelenamento dei terreni – il riferimento a schemi presuntivi che s’attestano su indicazioni di carattere meramente precauzionale” e quindi il provvedimento di sequestro impugnato dalla difesa “non può che essere annullato con rinvio al tribunale di Napoli perché proceda a un nuovo esame”. Il Riesame dunque non può più “ignorare” – come erroneamente fatto in precedenza – di dovere scendere nel merito di “molte, articolate e pertinenti deduzioni del ricorrente”, ovvero del legale difensore Marco de Scisciolo. Il tribunale discuterà dei terreni di Capasso il 12 gennaio.

 

[**Video_box_2**]Ma intanto è acclarata l’erronea interpretazione della norma eppure restano i sigilli sulle sue coltivazioni. Capasso come altri agricoltori – sono 70 gli ettari complessivi sequestrati – ha perso dei raccolti (il resoconto dell’agenzia Il Velino). Chi risarcirà? Certo non si farà avanti il bioprete Maurizio Patriciello: esibì sull’altare i pomodori maledetti e ora denigra la sentenza che sbriciola i teoremi della terra dei veleni (l’avrà letta?) perché ci sono altri casi simili, altri imprenditori avrebbero motivo di ritenersi danneggiati. Al Palazzo di giustizia tutto tace e tutto trema.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.