Lavori per il posizionamento del gasdotto lungo la tratta del Tap

Guarda come scricchiola l'opposizione ambientalista al Tap

Alberto Brambilla

Per la prima volta il fronte degli oppositori al gasdotto Transadriatic Pipeline (Tap) comincia a scricchiolare. La notizia è clamorosa perché riguarda l’infrastruttura che dovrà portare il gas naturale dall’Azerbaigian alle coste italiane per poi rifornire l’Europa ma è rimasta confinata alle cronache locali pugliesi.

Roma. Per la prima volta il fronte degli oppositori al gasdotto Transadriatic Pipeline (Tap) comincia a scricchiolare. La notizia è clamorosa perché riguarda l’infrastruttura che dovrà portare il gas naturale dall’Azerbaigian alle coste italiane per poi rifornire l’Europa ma è rimasta confinata alle cronache locali pugliesi. Tutto si concentra nel comune di Melendugno, in provincia di Lecce, dov’è previsto l’approdo del gasdotto Tap. La pro loco della frazione di San Foca – dove materialmente arriverà il connettore del tubo – è stata la prima associazione di cittadini a marciare in direzione opposta rispetto ai comitati ambientalisti, i cosiddetti “No Tap”, e all’amministrazione comunale che vorrebbero bloccare il progetto. La settimana scorsa l’associazione di San Foca ha aperto un negoziato e ha proposto al consorzio dei costruttori del Tap un piano di investimenti da 410 mila euro per potenziare le strutture turistiche locali e attirare visitatori nella provincia leccese anche durante la bassa stagione (l’idea è di generare un indotto dal vicino campo da golf). La reazione è stata furente: la pro loco di San Foca, guidata da Leonardo Fuso, sta attirando gli strali dell’amministrazione comunale e del sindaco di Melendugno, Marco Potì, che non sopporta lo sgretolamento del fronte anti Tap e promette perciò di organizzare un’associazione antagonista.

 

Tra scaramucce personali e vivaci polemiche via Facebook si registra la retromarcia delle altre due associazioni cittadine, la pro loco di Melendugno e quella di Borgagne, che avevano in un primo momento sostenuto la bontà delle compensazioni economiche da impiegare sul territorio, salvo poi lasciare Fuso nella bufera. Le tre pro loco avevano infatti precedentemente incontrato i rappresentanti del Tap restando in parola per eventuali sviluppi. Giampaolo Russo, ad di Tap Italia, aveva parlato di fondi fino a 10 milioni di euro da investire nei prossimi anni in attività produttive (es. pesca) o legate al turismo nel salentino visto che i suoi abitanti dovranno convivere col gasdotto almeno per i prossimi cinquant’anni. Il caso rende evidente come l’oltranzismo di gruppi ristretti di amministratori locali pregiudica opere internazionali, senza considerare le istanze pacifiche delle comunità che amministrano.

 

Il percorso della Transadriatic Pipeline (Tap)

 

Ma è possibile parlare dell’inizio di una qualche forma di dialogo basata sul negoziato? Il Foglio l’ha chiesto a Terri Mannarini, docente di Psicologia sociale all’Università del Salento, che ha scritto col collega dell’Univesità di Torino, Michele Roccato, il saggio “Non nel mio giardino” (il Mulino); un manuale utile a capire i movimenti diffusi e in aumento in tutto il mondo che contrastano gli “usi localmente indesiderati del territorio” (in inglese: Locally Unwanted Land Uses, ovvero le mobilitazioni “Lulu” per usare un acronimo). “Più che l’inizio di un dialogo – dice Mannarini – sta avendo seguito la strategia utilizzata, anche legittimamente, da Tap per cercare di avere un rapporto diretto con pezzi della comunità locale e ottenere così consenso per la realizzazione dell’opera”. E’ sufficiente questo per diradare il conflitto? “No – dice Mannarini, che nel libro auspica il coinvolgimento della cittadinanza fin dai primi passi di un progetto a impatto territoriale – le istituzioni nazionali non hanno cercato da subito una mediazione per fare comprendere alla popolazione perché il governo autorizza e procede al gasdotto, ma hanno lasciato alle strategie di marketing di Tap l’incarico di costruire consenso a cose fatte”. Una delle ultime iniziative di sensibilizzazione è il recapito di dépliant informativi sul Tap in tutta la provincia leccese dove l’opposizione è impegnativa. “E’ un caso da manuale – dice Mannarini – ma il rischio è che pure questi tentativi vengano percepiti come ‘manipolatori’ dalla cittadinanza”.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.