Narendra Modi (foto LaPresse)

L'ambientalismo che ci frega

Redazione

Il premier indiano Modi contro la dittatura delle leggi ecologiste

Una legislazione sull’ambiente troppo restrittiva “serve solo agli scopi di un’amministrazione venale”, che cerca di lucrare, anche illegalmente, su controlli e ispezioni. Lo stato deve ritirarsi, e deve valere il principio della “massima buona fede” con le aziende, che devono poter autovalutare le proprie performance ecologiche. A scrivere non è un think tank di falchi ultraliberisti, ma un report pubblicato la scorsa settimana dalla commissione Ambiente del governo indiano del premier Narendra Modi. Il governo, dice la commissione, deve semplificare le norme, sfrangiare i controlli, ridurre e decentralizzare la burocrazia di una regolamentazione ambientale che sta bloccando la crescita. In India, caso emblematico, la burocrazia opprimente e la corruzione sui temi ambientali (le pratiche devono essere viste da infiniti uffici, e ogni funzionario vuole la sua mazzetta) stanno facendo un doppio danno: devastano l’impresa e non difendono l’ambiente.

 

In preda alla disperazione, il governo precedente è arrivato a vietare del tutto lo sviluppo economico in 43 aree molto inquinate del paese, ma anche questo, ha scritto ieri il New York Times, non è servito a migliorare la situazione. Così Narendra Modi, che è stato eletto proprio per il suo orientamento pro business, sta abbattendo a suon di liberalizzazioni tutti gli eccessi della legislazione ambientale indiana. Ha già ridotto il peso della burocrazia sui nuovi progetti di impresa nell’industria mineraria ed energetica, ha tagliato gli uffici preposti ai controlli sulle industrie, ha velocizzato l’approvazione delle pratiche. Gli ambientalisti gridano allo scandalo, gli imprenditori ringraziano.

Di più su questi argomenti: