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Quelle città europee “Zionistfrei”. Banditi i prodotti made in Israel

Giulio Meotti

Roma. Il Wall Street Journal scrive che si è passati “dallo Jüdenfrei allo Zionistfrei”. Le merci israeliane stanno scomparendo da numerose città europee. Sono città importanti, come Leicester, la decima più grande del Regno Unito.

Roma. Il Wall Street Journal scrive che si è passati “dallo Jüdenfrei allo Zionistfrei”. Le merci israeliane stanno scomparendo da numerose città europee. Sono città importanti, come Leicester, la decima più grande del Regno Unito. Il Consiglio comunale dominato dal Labour ha appena trasformato Leicester nella prima città dell’Unione europea a mettere al bando tutti i prodotti “made in Israel”. E’ proibita la distribuzione di qualsiasi prodotto realizzato nello stato ebraico. Una città della regione delle Midlands, Dudley, ha messo in calendario un’analoga risoluzione, mentre il facinoroso George Galloway ha promesso che anche la sua città, Bradford, sarebbe diventata “Israel free”. Ne è passato di tempo da quando nel 1991 una controllata della Thames Water Plc., la società che fornisce servizi idrici e fognari per la maggior parte di Londra, rifiutò di avere rapporti commerciali con Israele, “per non perdere i numerosi clienti arabi”. Il Consiglio regionale del Dunbartonshire occidentale, una regione della Scozia, è passata alla cultura e ha tolto i libri di autori israeliani dalle biblioteche pubbliche. In Francia, la città di Lilla ha rescisso ogni legame con la città santa israeliana di Safed, con cui era gemellata. A Dublino, un popolarissimo ristorante, l’Exchequer, non tiene più prodotti israeliani. Nella città irlandese di Kinvara le botteghe, i ristoranti e persino le farmacie non vendono più prodotti israeliani, nemmeno gli antibiotici della Teva, leader israeliana dei farmaceutici. La catena di supermercati SuperValu ha rimosso le carote israeliane.

 

E se caffè di Londra espongono la scritta “No Israeli products here”, la catena Macy’s ha smesso di vendere i prodotti israeliani della Sodastream, la catena Morrisons ha bandito i datteri israeliani e Waitrose ha dismesso gli ordini di erbe israeliane. La città spagnola di Villanueva de Duero, una delle tante coinvolte nel movimento Zionistfrei, non distribuisce più l’acqua israeliana Eden Springs nei suoi edifici pubblici, mentre la Vitens, azienda olandese leader dell’erogazione dell’acqua, ha rotto con l’omologa israeliana Mekorot. E se in Norvegia i due maggiori importatori di verdure, Bama e Coop, hanno chiesto ai fornitori in Israele di non spedire più frutta e verdura dagli insediamenti, la Unilever, che realizza prodotti casalinghi come lo shampoo Sunsilk e la vaselina, ha venduto la propria quota nelle fabbriche degli insediamenti.

 

[**Video_box_2**]E il boicottaggio di Israele si comincia a sentire nei fatturati. L’esportazione dei prodotti agricoli dalla Valle del Giordano, uno dei polmoni agricoli dell’industria israeliana, è scesa del quattordici per cento. “Oggi non vendiamo più nulla in Europa”, ha detto David Elhayan, a capo del Jordan Valley Regional Council. In Germania la catena di supermercati Kaiser non vende più da due anni i prodotti israeliani dalla Cisgiordania. La Edom, un’importante produttrice di frutta israeliana, ha detto al giornale economico Marker: “Gli importatori europei ci dicono che non possono vendere prodotti israeliani. Un acquirente europeo mi ha detto che è stato bloccato in diverse catene in Danimarca e Svezia, e poi in Belgio. Non vi è alcun boicottaggio ufficiale, ma tutti hanno paura di vendere frutta israeliana”. Shimon Samuels, direttore delle Relazioni internazionali del Centro Simon Wiesenthal, ha definito così il boicottaggio dei prodotti israeliani: “Un atto di antisemitismo come la campagna degli anni di Hitler ‘Non comprate dagli ebrei’”. In tedesco era “Kauf nicht bei Juden”. Oggi suona più semplice: BDS,  Boycott divest and sanctions.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.