Barack Obama (foto AP)

Dispacci americani

Due sentenze contromano su matrimonio e Obamacare, le grane di Obama e i bisticci fra Navy Seal.

New York. Una sentenza della Corte d’appello federale di Cincinnati ha confermato la validità delle leggi che vietano il matrimonio gay in Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee. Il giudice Jeffrey Sutton ha scritto che la corte “non ha il potere di decidere se il matrimonio gay sia una buona idea”, ma deve occuparsi di una domanda più semplice: “Chi decide?”. Di sicuro, argomenta il giudice, non spetta a un panel di tre togati decidere di una questione di tale portata. Dunque le leggi degli stati rimangono valide. E’ la più autorevole manifestazione di dissenso giuridico sul matrimonio gay da quando la Corte suprema ha rimandato la questione all’autorità dei tribunali ordinari. Con ogni probabilità la sentenza di Cincinnati riporterà la questione alla massima corte. Nel contesto dell’affermazione culturale del matrimonio gay è soltanto un piccolo incidente di percorso, ma riapre una questione importante: se si debba decidere attraverso un processo legislativo condotto dai rappresentanti del popolo oppure a forza di sentenze.

 

Obamacare alla prova. La Corte suprema ha accettato di prendere in esame un caso che rischia di smantallare il sistema di sussidi fiscali su cui si regge l’Obamacare. La legge dice che i sussidi possono essere amministrati soltanto a livello dei singoli stati, alcuni dei quali hanno deciso però di non avere un proprio mercato di polizze assicurative. In quei casi lo stato federale interviene per coprire il buco, cosa che secondo alcuni costituisce un abuso da parte dello stato centrale.

 

Il sud non è “viola”. Nella grande disfatta democratica del midterm il partito di Obama ha fatto peggio di due anni fa negli stati del sud. Circola da tempo negli ambienti democratici la suggestione del sud “viola”, dove il tradizionale rosso repubblicano si mischia al blu della sinistra. Il midterm ha smentito questa rappresentazione. I democratici non sono andati a fare una battaglia di testimonianza al sud, hanno speso molto e selezionato candidati competitivi. Ne sono usciti scornati, esprimendo  un dato culturale che Nate Cohn del New York Times sintetizza così: “L’incapacità dei democratici del sud solleva domande su come un partito sempre più urbano e culturalmente liberal può essere competitivo al sud”.

 

[**Video_box_2**]Andare avanti con ordini esecutivi prima che il Congresso s’insedi, oppure attendere e dare battaglia? Questo è il dilemma di Obama sull’immigrazione. I dialoghi con i repubblicani sono falliti e dalle dichiarazioni post elettorali sul terreno comune si è già passati ai colpi proibiti. La sinistra delusa e ferita – sotto la bandiera di un editoriale del New York Times – ora chiede al presidente di prendere l’iniziativa.

 

L’uomo che ha ucciso Bin Laden. Dopo aver sparso molti indizi, Robert O’Neill, il 38 enne ex Navy Seal che ha ucciso Bin Laden, è uscito allo scoperto con un’intervista al Washington Post. Non ci sono particolari conseguenze per la sicurezza nazionale, ma molte per l’etica militare, anche perché il racconto di O’Neill è in conflitto con quello di Matt Bissonette, altro agente delle forze speciali che sull’operazione ha scritto due libri di memorie. I leader dell’unità hanno reagito duramente all’intervista di O’Neill, perché nessuno dovrebbe attribuirsi per vanità, pubblicità o altro meriti personali. Il merito è del corpo, del team, dell’esercito, della nazione. Non si va a uccidere Bin Laden per farsi un selfie.

 

Falchi. Obama ha detto che lavorerà con il Congresso per rivedere le autorizzazioni militari contro lo Stato islamico. Dichiarazione impegnativa ora che il Congresso ha eletto un’ondata di repubblicani classici, falchi in materia di politica estera, con poco o nessuno spazio per le pulsioni isolazioniste dei libertari. Il senatore John McCain ha spiegato al Daily Beast che sta già lavorando con i colleghi di tendenza neocon a un piano con cui fare pressione per una politica estera più aggressiva.

 

Profitto salutista. CVS, la catena di drugstore che in ossequio al pensiero dominante ha eliminato le sigarette dal banco, riporta ottimi dati di crescita dopo quella decisione. Il fatturato è cresciuto del 9,7 per cento nell’ultimo trimestre e i suoi manager dicono che le salutari campagne promozionali sono più credibili ora che la catena non offre più tabacco.
 

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