Massimo D'Alema e Matteo Renzi (foto LaPresse)

La retorica morta del piagnisteo

Giuliano Ferrara

I critici dei boy scout al potere, un mondo di noia e già visto. Tremendo lo spettacolo della piccola invidia rancorosa, dell’incomprensione verso un processo così evidente di tentato rinnovamento e di tentato rilancio, che può non riuscire, ma genererà, come è successo dopo Berlusconi, qualcosa di diverso, non quel che c’era prima.

Il piagnisteo comincia a diventare fastidioso. Ci sono dei ragazzi e delle ragazze in Italia che hanno preso il potere con i voti, succede, e vogliono esercitarlo a modo loro, senza chiedere troppe autorizzazioni, senza la supervisione occhiuta degli adulti. Come ha detto D’Ormesson ad Avvenire, niente è più borioso e noioso dei vecchi che danno lezioni. Vedere D’Alema che cita Stiglitz alla direzione del Pd, per sostenere la tesi che non bisogna fare nulla di nulla quando ci sia la recessione, altro che riforma del mercato del lavoro, e quando gli altri lo sfottono (Stiglitz chi?) risponde che prima di parlare si procurino un Nobel anche loro, che banalità, che pena, che subalternità culturale, che sciocchezza. Tremendo lo spettacolo della piccola invidia rancorosa, dell’incomprensione verso un processo così evidente di tentato rinnovamento e di tentato rilancio, che può non riuscire, ma genererà, come è successo dopo Berlusconi, qualcosa di diverso, non quel che c’era prima (e per questo Berlusconi, un uomo giustamente soddisfatto di sé, è l’unico vecchio capace di capire la fase e di raccordarsi al tempo suo e del suo erede).

 

I sindacalisti parlano di lavoro servile, ma nella stessa trasmissione che li ospita si vede una pulzella che denuncia la propria consunzione per inedia, e alla domanda se sarebbe disposta a trasferirsi da Milano a Roma per trovare un lavoro e uno stipendio, no, dice, il diritto al lavoro universale ce l’ho sotto casa, ci mancherebbe. I vescovi sono diventati petulanti, con il loro giornale e il loro portavoce che offrono anche loro lezioni alla D’Alema, come se non avessero altre cose di cui occuparsi, e vogliono restaurata la vecchia caratura democristiana e solidarista, senza considerare che l’unico erede di una chiesa italiana politica e democristiana e postdemocristiana, Ruini, lo hanno fatto fuori con le conseguenze che si vedono e si vedranno ancor più nell’immediato futuro eterologo. Che dire dei giornalisti? Stanno a rota. Non c’è il Cav., non c’è Ruby rubacuori, non ci sono le finte romanze anticasta da cantare in coro per beccare una copia in più e uno spettatore in più, per animare la morte dell’informazione. Diventano anche loro lamentosi, perdono pezzi e si impaludano in argomenti privi di senso ma molto fintamente rispettabili, già sentiti mille volte, argomenti di vecchissima taratura politica e istituzionale, autocontraddittori, mutuati dall’establishment con i braccialetti. Poi ci sono quelli che non accettano il cambio di passo perché non gli conviene, e sono anche loro petulanti, a sinistra e a destra, e non capiscono che ci sarà da lavorare e da riposarsi, da dire e tacere, da fare e disfare, ma non si può riproporre e riproporsi con quello spirito rivendicativo e pigro, con quella inerzia pallosa. E quel Salvini, con le sue brutte magliette, i suoi grillismi e lepenismi, dopo Bossi che tristezza un attaccamanifesti fuori dal glorioso posto che dovrebbe essere suo, incollato ai muri.

 

[**Video_box_2**]Il piagnisteo è la vera chiave di volta della curvatura politica seguita all’irruzione del duo dei nazareni nel palazzo moscio ereditato dalla crisi della Seconda Repubblica. Quanto rompono, quanto si sfregano di gelosie e di ripicche. Bisogna fare una legge elettorale con ballottaggio, punto. Eliminate le province, bisogna eliminare il pensoso Senato e il tiolo quinto Cost, un obbrobrio dell’Ulivo. Bisogna dare la possibilità di assumere, cioè di licenziare (due cose strettamente connesse), punto. Trasferire soldi nelle buste paga avvilite da greed padronale e dall’ideologia sindacale dei diritti, altro che risparmi di liquidità, e obbligare le banche, sì obbligarle o incentivarle con metodi aspramente dissuasivi di comportamenti loffi, a garantire la liquidità necessaria in raccordo con lo stato: via il tfr, più soldi da spendere, punto. Bisogna fare un sacco di cose per ridare un calcio al paese e ricominciare la partita. Certo sbagliano, possono sbagliare, eccedono in retorica i boy scout, e peccano forse di ottimismo della volontà. Ma il loro è un discorso pubblico, dicutibile e contestabile, quella dei loro avversari di sinistra e di destra è una retorica morta.  

 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.