Vescovi contro

Matteo Matzuzzi

Chi è Stefan Oster, giovane e combattivo monsignore tedesco di Passau, in Baviera, che sulla famiglia non accetta compromessi.

Roma. Quello dell’ostia ai divorziati risposati è un bel problema che infiamma gli spiriti e scatena battaglie teologiche come da tempo non si vedevano. Ma è un problema soprattutto per la Germania e l’occidente secolarizzato dove le chiese spesso si trasformano in musei o mercati, dice monsignor Stefan Oster, giovane vescovo quarantanovenne di Passau, in Baviera. Allievo del filosofo Ferdinand Ulrich all’Università di Ratisbona (dove nel 1994 ha conseguito il Magister artium), chi lo conosce lo descrive come abile comunicatore e uomo capace di analisi raffinata. Teologo, professore di Dogmatica e di Storia del dogma, in passato perfino giornalista, è la figura emergente dell’episcopato che, guidato da Marx, promette battaglia ed è pronto a calare su Roma con un documento innovatore recante in calce le firme dei numerosi sottoscrittori favorevoli e fedeli alle proposte misericordiose del cardinale Walter Kasper.

 

Lui, Oster, sta dall’altra parte. Non vuole sentir neppure parlare di compromessi in materia dottrinale, tantomeno di rotture, visto che queste non sarebbero altro che espressione del rifiuto della grazia divina e quindi negazione della verità. Ha la sensazione che dall’assemblea che s’aprirà domenica prossima a Roma, come pure da quella ordinaria dell’anno prossimo, non arriverà alcuna risposta decisiva e definitiva e che quindi “la delusione in Germania sarà grande”. Dopotutto, ha notato qualche settimana fa conversando con i media locali, “le aspettative sono diventate enormi, anche in conseguenza del dialogo avviato dai vescovi tedeschi”. E alla fine, se queste attese non dovessero concretizzarsi – “ci sono attese che non potranno rimanere disattese”, era stato l’avvertimento del cardinale Kasper, a margine della presentazione della sua relazione concistoriale  dello scorso febbraio – “molti diranno che Francesco non ha fatto alcuna riforma”. A quel punto, uscirne indenni sarebbe difficile, il rischio concreto sarebbe di ripiombare nel clima che seguì la promulgazione da parte di Paolo VI della Humanae Vitae, nel 1969.

 

[**Video_box_2**]Il punto, spiega mons. Oster, è che più di comunione ai divorziati risposati, bisognerebbe tornare a scoprire le fondamenta della fede, insegnando ai credenti “fin dal principio cosa è la chiesa”. Chiesa che oggi, ha aggiunto “è ridotta a una dimensione sociologica” e poco altro. C’è bisogno di una “educazione continua”. Non è possibile, ha aggiunto, seguire le mode, dar semplicemente retta “alla volontà della maggioranza dei fedeli”, come vorrebbe invece chi da mesi sbandiera le alte percentuali dei rispondenti ai questionari diffusi un anno fa alle diocesi di tutto il mondo. Compreso il vescovo fiammingo di Anversa, mons. Johan Bonny, che ha pubblicato – tramite lungo e argomentato pamphlet tradotto in più lingue – le sue tesi invocanti cambiamenti radicali alla dottrina e alla pastorale circa la morale sessuale cattolica. A lui, mons. Oster ha replicato dicendo che “è vero che Gesù Cristo ama il peccatore, ma è altrettanto vero che sia lui sia suo Padre odiano il peccato”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.