Papa Francesco (foto LaPresse)

Anche se tutti, noi no

Giuliano Ferrara

Perché il Foglio s’interessa pazzamente al sinodo? Perché prendiamo molto seriamente la pastorale di Francesco e le tesi di Kasper contro chi (come noi) non vuole il divorzio nelle sacrestie di un mondo transumanista.

Siamo pazzi per il sinodo, come avete visto. Da tempo. Facciamo anche gli scoop pubblicando i rapporti secretati di Kasper ai cardinali, e i testi che poi formano il libro dell’opposizione a Kasper. Facciamo di tutto, tranne che occuparci dei camerieri dei palazzi apostolici e degli appalti per la riverniciatura del Vaticano, che lasciamo ad altri. Nei prossimi giorni inauguriamo una collana sbrigliata, non teologica, intitolata: la mia famiglia. Papa e vescovi discutono della famiglia? Ecco la nostra.

 

Perché siamo pazzi è semplice. Altro che articolo 18, rispettabile battaglia simbolica, roba che vale nello scorcio dei decenni. Qui è roba forte, che vale nello scorcio di molti secoli. Il divorzio nella chiesa cattolica. La santificazione del secondo matrimonio. Con tutto quello che ne consegue. E, più importante ancora, è il perché e il per come ci si arriva, se ci si arrivi, sotto la sorveglianza e sotto l’impulso di un grande gesuita che potrebbe rimettere a nuovo la chiesa, una Ong piuttosto influente nel mondo dello spirito e della materia, o anche chiuderla per restauro.

 

Pubblichiamo oggi  un documentato attacco alla teologia del divorzio e del desiderio, di cui è autore uno dei teologi del papato di s. Giovanni Paolo II, il Pontefice combattente che firmò la Familiaris consortio nel 1980, dove si ribadiva che un cattolico il quale desideri la comunione sacramentale (l’ostia) non deve risposarsi, più altre novità e modernità relative alla natura della famiglia, all’assistenza spirituale e misericordiosa che comunque la chiesa continua a dispensare a tutti, e un accenno della teologia del desiderio e del corpo, ma secondo prassi e dottrina della chiesa di Cristo, di s. Paolo, di s. Agostino (gli ultimi due oggi sarebbero detti sessuofobi). Pubblichiamo anche (in seconda pagina, in spagnolo, si capisce benissimo) l’ennesima, e bella, e pericolosa, intervista del cardinale Kasper al quotidiano spagnolo la Nación, firmata dalla giornalista amica di Bergoglio, Elisabetta Piqué.

 

[**Video_box_2**]Kasper è un ottantenne con un viso aperto, una dottrina della misericordia che ha fatto innamorare il Papa regnante, una dottrina dell’ecclesialità territoriale che fece inalberare Ratzinger, Papa emerito, e tante belle idee comunemente dette progressiste, altri preferiscono dire “realiste” perché prendono atto di come va il mondo e cercano di accostare la barca di Pietro, senza pericolose collisioni, alla nave dei folli, al Bateau ivre (Arthur Rimbaud) che noi mondo siamo da un paio di secoli almeno. Kasper dice che è stato imprudente, forse (quizá fui imprudente), quando disse che ce l’hanno col Papa piuttosto che con lui i cardinali conservatori che pubblicano un libro in aperta contestazione delle sue tesi, libro i cui testi per lo più furono pubblicati dal Foglio (alcuni dall’Osservatore Romano), in difesa della dottrina consolidata su famiglia e matrimonio (in uscita il 1° ottobre). Ma per il resto conferma e aggrava, nel senso che rende più ponderose e rigorose e serie, tutte le sue critiche a chi (parecchi porporati, parecchi cattolici di ogni ordine e grado, qualche intruso laico e perfino non credente) vuole continuare a battersi contro il divorzio in sacrestia, a negare l’ostia ai divorziati risposati che mantengono in prassi e coscienza la validità del primo e del secondo matrimonio (si chiama, in termini laici, vita da divorziati, niente di scandaloso, in termini laici, ma la chiesa forse, quizá, è altra cosa e tutela la differenza dal pensiero unico). Dice Kasper che questi confratelli i quali vogliono “permanere nella verità di Cristo” sono fondamentalisti teologici, che la loro è teologia non cattolica, che hanno paura che tutto crolli perché qualcosa cambia, che si tengono a un vangelo inteso letteralisticamente, e con ciò sono poco evangelici e incuranti di quanto insegnò il Vaticano II sull’incontro tra magistero, pastoralità ecclesiastica e mondo moderno. Ecco uno che parla chiaro. Un altro che parla chiaro. Come e più dei suoi avversari-fratelli di episcopato e di sacro collegio.

 

Dice. Ma a voi che ve ne importa di come fa l’amore, procrea e si sposa la gente, che poi sarebbe l’essenza della famiglia? Lo dicono in tanti, che non capiscono. Molti laici. Molti cattolici progressisti o anche solo realisti, i quali affermano che il matrimonio pre-esiste alla chiesa di Cristo, è istituzione canonizzata dopo la sua fondazione, e dunque è giuridicamente e profeticamente modificabile, seguendo i segni dei tempi, e i sacramenti seguiranno, come l’intendenza. Se ci aggrappiamo alla nostra coscienza cosiddetta liberale, importa niente di come si comportano gli altri, finché rispettano gli imperativi categorici di Kant e non danno troppa noia. A parte l’aborto volontario, che è un assassinio nella cattedrale della maternità corporale, tutto il resto non dovrebbe riguardare i liberali occidentalisti, che accettano il patchwork familiare così come viene. Fatto è che Kant considerava il matrimonio “commercium sexuale”, uno scambio di diritti dell’uno sul corpo dell’altro, punto. Noi laici devoti oscurantisti, postkantiani, pensiamo che ci sia qualcosa di più oltre la linea di confine che separa il diritto e la società viva, la coscienza e la prassi degli esseri umani razionali. I cattolici si appellano alla fede e alla dottrina, che ne è parte essenziale poiché ne dice le ragioni, profezia o no. Noi richiamiamo la ragione nuda, assistita dalla speranza e dalla letteratura, che dice qualcosa del mondo: e critica la centralità del sesso, della sessualizzazione panica dei rapporti umani, la scomparsa del matrimonio all’insegna dell’amore romantico o sentimentale, la scomparsa dell’educazione dei figli, della promessa e del futuro, l’ingegneria genetica diffusa, l’eugenetica, la noncuranza per l’altro dissimulata sotto le spoglie della libertà individuale, e le teorie del gender, che eliminano la natura, anche intesa non materialisticamente, e la soppiantano con i risultati delle tesi di laurea delle filosofe femministe di Berkeley, Ca. sull’identità sessuale indifferenziata all’origine, formata poi dalla cultura. Kasper avrebbe ragione se si trattasse di fare incontrare la chiesa e un mondo normale, umano invece che potenzialmente transumanista, un mondo temperato, in cui si scalda la libertà al fuoco della misura e della proporzione. Ma non è così. I vecchi della chiesa non hanno fatto fuoco e fiamme, sebbene i vecchissimi padri avessero intuito tutto in materia di concupiscenza, su come fa l’amore la gente, perché la gente ha sempre fatto l’amore nella stessa maniera (basti vedere i “modi” dell’amore disegnati da Giulio Romano o leggere Ariosto e Tasso), ma solo adesso desidera che la sua maniera, il pansessualismo e l’omomorfismo negatore della differenza, diventi legge della chiesa e dello stato. A noi non sta bene. Se sua eminenza desidera così, con l’aiuto del Papa, sia così, così sia. Noi no. Io no.

 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.