Louis Raphaël I Sako

Morire per Cristo a Ninive? Sì, ma non senza lottare, dice il patriarca

Matteo Matzuzzi

“Forse sono l’ultimo. Se la gente se ne va, sarà finita. La chiesa caldea sarà una chiesa di diaspora”. Non c’è più spazio per la prudenza nelle parole di Louis Raphaël I Sako, la più alta autorità cattolica in terra irachena.

“Forse sono l’ultimo patriarca. Se la gente se ne va, sarà finita. La chiesa caldea sarà una chiesa di diaspora”. Non c’è più spazio per la prudenza nelle parole di Louis Raphaël I Sako, la più alta autorità cattolica in terra irachena. Dopo aver lanciato per settimane appelli alla calma tesi a scongiurare la divisione del paese lungo linee etniche e confessionali, il presule dice che per i cristiani della piana di Ninive costretti all’esodo in Kurdistan è venuto il tempo di difendersi. Certo, “difendersi non vuol dire creare una milizia a parte”, ma è indubbio che qualcosa vada fatto, anche perché i miliziani jihadisti hanno ben chiarito come stanno le cose: “Hanno usato il termine ‘spada’ per definire il loro rapporto con i cristiani. "Tra voi cristiani e noi musulmani non c’è che la spada", hanno detto.

 

Bisogna dunque agire in fretta, visto che “i jihadisti possono benissimo entrare a Kirkuk e, perché no, a Baghdad”, ha chiarito il presule in un’intervista apparsa sull’Osservatore Romano di domenica scorsa. Quanto accaduto a Mosul, ha aggiunto, “è orribile, non è degno dell’essere umano. Questa guerra e queste persecuzioni sono un ritorno al medioevo. Cacciare via qualcuno, o ucciderlo a causa della sua fede o perché ha una fede diversa dalla mia, è una ferocia e una barbarie. In nome di cosa si possono costringere delle persone a convertirsi all’islam? E’ contro la libertà dell’uomo e contro tutti i diritti. Chi può giustificare il fatto di obbligare qualcuno a lasciare la propria casa, a requisirla e a spogliare, poco dopo, il fuggitivo al check point perché non è musulmano? Nessuno può arrivare a immaginare questo e ancora meno ad accettarlo”. Nessuna illusione che si tratti di qualcosa di passeggero: “Questa situazione durerà”, ha osservato il patriarca caldeo. “All’inizio i jihadisti sono arrivati come salvatori. C’è stata perfino una simpatia nei loro confronti, ma tutto è cambiato quando hanno cominciato a cacciare i cristiani”. C’è paura a ribellarsi, perché “i jihadisti sono molto duri, sono pronti a suicidarsi per la propria ideologia. Una cultura di tipo settario, collettivista, si sta instaurando in Iraq”.

 

E a quanti, in quell’occidente da cui Sako dice di attendersi “solo il peggio”, parlano ancora di negoziato, di colloqui di pace, il patriarca ricorda che con i miliziani del Califfo “non c’è che una scelta possibile: accettare o rifiutare. Accettare significa essere sotto il loro controllo. Rifiutare vuol dire essere uccisi”. Concetti che in Europa stentano a farsi largo, anche dopo la missione in Iraq dell’arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, e la presa di posizione di diversi esponenti delle diverse chiese cristiane. Se la Conferenza episcopale italiana ha indetto per il prossimo 15 agosto una giornata di preghiera per i cristiani perseguitati “in paesi come Iraq e Nigeria, dove sono marchiati per la loro fede e fatti oggetto di attacchi continui da parte di gruppi terroristici” – un’analoga giornata di preghiera è stata convocata a livello mondiale per domani –, dall’Inghilterra rimbalzano le parole dell’ex arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che partecipando all’annuale “Islam Festival” nel Lincolnshire ha notato come la religione musulmana stia “rigenerando tradizionali valori britannici come la responsabilità condivisa e il senso del dovere”. Qualche anno fa, l’allora capo della chiesa anglicana inglese s’era domandato nel corso d’una intervista alla Bbc se non fosse il caso, “per favorire l’integrazione dei vari popoli, di valutare l’applicazione della sharia in determinate circostanze”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.