Pierbattista Pizzaballa al meeting di Rimini (Foto Lapresse)

Il cristianesimo disarmato

Giuliano Ferrara

Il profetismo provvidenzialista non basta più. Il custode di Terrasanta e il Patriarca dei Caldei parlano due lingue diverse di una stessa fede. La croce dice amore ma non è un simbolo di passività e rassegnazione.

Il cristianesimo in armi non esiste più da secoli e non può risorgere. Ma il cristianesimo disarmato e provvidenzialistico, in cui la croce dice l’amore ed è simbolo di passività e di rassegnazione e di sole buone opere, è destinato all’estinzione nella terra che ne fu la culla storica e metastorica. Non è cosa da poco, non è cosa che non ci riguardi come esseri umani e come occidentali, titolari di una cultura e di una civilizzazione messe in croce dal jihadismo, dal fondamentalismo, dall’islam politico. Pubblichiamo il testo di una conferenza a Rimini del Custode di Terrasanta, il francescano Pierbattista Pizzaballa. E l’appello del Patriarca dei Caldei e capo dei vescovi iracheni, Louis Raphaël I Sako, in favore della protezione occidentale dei cristiani perseguitati dal Califfato dell’Isis e contro la riluttanza delle autorità musulmane, religiose e civili (lì non c’è vera separazione), a condannare i tagliateste che opprimono la minoranza cattolico-caldea di quel paese, dopo i massacri della piana di Ninive, e altre minoranze religiose. I due testi sono molto diversi. Entrambi, il francescano e il caldeo, denunciano un conflitto mortale, ma l’uno richiama profetismo e mistica (con le parole molto belle ma decontestualizzate di Divo Barsotti, mistico fiorentino) come chiavi ultime del combattimento cristiano, e oppone ai tradimenti della convivenza inter-religiosa in medio oriente, le fragili ma bellissime testimonianze di solidarietà nella città di Aleppo; l’altro dà voce all’estenuazione e al rischio capitale, senza una reazione politica all’altezza, che corre quel che resta della sua comunità antichissima di cristiani.

 

Per anni e decenni, mentre grandi studiosi raccontavano la vita e la morte del cristianesimo in medio oriente, mentre la persecuzione si realizzava come emarginazione e cacciata strisciante, in parallelo con la virtuale scomparsa dell’ebraismo e della cultura ebreo-musulmana dai territori dell’islam, per decenni, nei convegni ben concepiti della Comunità di Sant’Egidio e in altre sedi illustri, ci siamo raccontati che tutto si doveva fare tranne agire nel senso della “protezione occidentale” delle minoranze cristiane, e altre minoranze religiose, nei paesi islamici mediorientali.

 

“Un grave errore – diceva lo storico di valore Andrea Riccardi appena cinque anni fa – sarebbe quello, da parte di istituzioni politiche o di comunità cristiane europee, di assumere un atteggiamento che vuole rinnovare in modo aggiornato la protezione delle potenze cristiane nei confronti dei cristiani d’oriente. E’ una storia antica, carica di ambiguità, in cui si è visto l’uso strumentale dei cristiani d’oriente fatto dalle potenze europee fino agli albori del nostro secolo”. Bisogna, aggiungeva, “affermare una visione religiosa della vita e degli interessi dei cattolici orientali, sganciata dalla politica delle potenze occidentali”. Invece, da quando l’occidente ha imbracciato l’arma della retorica e ha cancellato la strategia delle libertà universali con quella del dialogo e della mano tesa del discorso di Obama al Cairo, le cose sono andate come sono andate, e tutti lo vedono. Ed è arrivato, con un ritardo esiziale e in forme irrilevanti o quasi, il momento della “protezione” umanitaria, quando è evidente, e lo sanno anche gli umili uomini di chiesa e gli storici cattolici e i leader religiosi, che l’umanitarismo nutrito di preghiera e di aspettazione non investe il punto focale: la persecuzione jihadista dei cristiani, che avevano accettato nel compromesso possibile la fragile tutela del nazionalismo arabo cosiddetto laico, riguarda la natura totalitaria delle società islamiche nell’ora del risveglio fondamentalista, del nazionalismo religioso. E la cacciata o assoggettamento delle minoranze è ricercata come suggello di pulizia religiosa, la prova che quella totalità politica e di fede vive e domina a fil di spada. Il contrasto interno all’islam, considerato come la smentita del conflitto di civiltà e religioso, verte solo su questo: chi debba dominare sugli altri, ed estirpare gli infedeli dalla terra islamica.

 

Noi occidentali abbiamo cercato di fondare il dialogo addirittura sulla prospettiva di un costituzionalismo islamico, e abbiamo sollecitato la sharia a darci relativisticamente delle sue verità componibili con le nostre, ma il risultato è la formazione in occidente delle avanguardie dell’esercito fondamentalista islamista, e una devastazione culturale immensa. Su una questione Pizzaballa dice qualcosa di importante: se in occidente il tentativo è quello dell’integrazione multiculturale, senza alternative apparenti epperò fallito, in medio oriente vige (meglio sarebbe dire: vigeva) la convivenza delle identità, convivenza alternativamente conflittuale o solidale, ma senza integrazione dei princìpi, cioè nel rispetto delle identità religiose e culturali e sociali, delle identità di gruppo. Anche quella scommessa è fallita, a quanto pare. Lo sradicamento degli ebrei venne per primo, nella seconda metà del Novecento, poi è venuto il resto che riguarda il XXI secolo. Non si può chiedere ai cristiani di non essere provvidenzialisti e di non credere nella virtù della preghiera e nella speranza della croce, sentimento delle cose “redento”, come dice Pizzaballa. Ma gli si può chiedere di accettare le verità laiche della politica.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.