Josè Zapatero (foto Ap)

Zapatero torna sulla scena con una proposta geniale: l'Onu delle religioni

Matteo Matzuzzi

Per tornare sulla scena pubblica, l’ex premier spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero ha scelto un simposio sulla “pace nel mondo” organizzato dall’Università Nebrija di Madrid.

Per tornare sulla scena pubblica, l’ex premier spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero ha scelto un simposio sulla “pace nel mondo” – lo scrittore cattolico George Weigel, biografo di Giovanni Paolo II, direbbe che anche in Spagna c’è ben poca fantasia nel dare i titoli alle conferenze pubbliche – organizzato dall’Università Nebrija di Madrid. Incanutito e con un vistoso cerotto in fronte, Zapatero ha spiegato agli attenti ascoltatori qual è la ricetta per salvare il pianeta dalla distruzione, dall’Apocalisse fatta di guerre, miserie e malattie incurabili: una grande “alleanza permanente tra le confessioni religiose”, altrimenti detta “alleanza delle civiltà”, vecchia proposta che proprio l’allora capo del governo spagnolo aveva avanzato nel corso dell’Assemblea generale Onu del 2005. Il modello di riferimento al quale guarda il predecessore di Mariano Rajoy sono le Nazioni Unite, a suo dire esempio di efficienza e serietà. Basta guardare ai conflitti in medioriente, ha detto ancora Zapatero, e si capisce la necessità di costituire questa “autorità” fondata su due pilastri: “Il rispetto per il pluralismo religioso, la pace e la libertà” e “la condanna di ogni forma di violenza”. Qualcuno tra gli astanti ha chiesto al proprio vicino di posto se l’ex premier si credesse la reincarnazione di Woodrow Wilson, il padre della Società delle Nazioni tristemente e tragicamente travolta dal corso della storia. Primo banco di prova per l’alleanza delle religioni potrebbe essere la soluzione del rebus israelo-palestinese e, perché no, della crisi irachena.

 

Tutti insieme per la pace, e pazienza se a Mosul, Iraq del nord, sulle abitazioni dei pochi cristiani rimasti in città dopo l’avanzata delle legioni dell’Isis – per lo più persone anziane e impossibilitate a scappare per trovare riparo nell’isolato monastero di San Matteo, che già da settimane accoglie migliaia di rifugiati – i seguaci dell’autoproclamatosi califfo al Baghdadi appongano marchi per segnalare che lì dentro abita un cristiano, il quale deve iniziare a pagare la jizya, l’antica tassa imposta agli infedeli prima di fare i bagagli o convertirsi all’islam. La pena per i trasgressori, ha detto ad Avvenire il vescovo ausiliare della chiesa caldea di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, è una punizione secondo quanto previsto dalla sharia. A giudizio di Zapatero, basterebbe che i leader cristiani, musulmani ed ebrei si sedessero attorno a un tavolo – con non molta originalità chiamato “tavolo della pace” – e si parlassero. Il resto verrebbe da sé, quasi naturalmente. A patto che ci si convinca che nessuna religione può ritenersi “esclusiva” o “fingere che il proprio credo sia l’unico vero”. E questo perché, ha osservato ancora l’esponente socialista, “l’unica verità è la libertà, il rispetto per tutte le fedi”. Più ecumenismo, insomma, e il fanatismo è destinato ineluttabilmente a spegnersi.

 

[**Video_box_2**]Una volta risolta la questione mediorientale grazie alla mediazione dell’Onu delle religioni – qui, a differenza che nel Palazzo di vetro newyorchese, non è contemplato il potere di veto –, si potrebbe passare agli altri problemi all’ordine del giorno per “promuovere la pace e il benessere: i diritti delle donne, i giovani, i media, i fenomeni migratori, l’educazione”. Dinanzi ai numerosi sguardi perplessi, Zapatero ha garantito che non si tratta d’utopie prospettate da un ex primo ministro in pensione divenuto conferenziere di successo, ma di scenari possibili, visto che gli interlocutori adatti a testare il modello da lui proposto esistono già. Due gli esempi: il Marocco riformista, scampato per un soffio all’ondata delle primavere arabe, e la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, dalla quale – ha assicurato l’ex premier – “abbiamo ricevuto più di quanto abbiamo dato”, e per questo andrebbe al più presto fatta entrare nell’Unione europea. Non a caso, il primo ministro turco, nove anni fa, fu il principale sponsor dell’Alleanza delle civiltà lanciata da Zapatero, pochi mesi dopo la vittoria elettorale contro i popolari guidati anche allora da Rajoy dopo la conclusione della stagione di José María Aznar. Con l’Onu delle religioni, inoltre, “non ci sarebbe stata la guerra in Iraq” e in Siria le cose andrebbero meglio di quanto la realtà dimostra ogni giorno che passa, ha assicurato Zapatero. La ragione è semplice: “La pace, l’ordine, la convivenza e le libertà si ottengono solo con il dialogo, la parola e la politica. E la politica non ammette la violenza. La fede nel dialogo è inclusiva e capace di essere condivisa da tutte le religioni e le culture”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.