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La conta dei morti a Gaza non torna

Giulio Meotti

Hamas e l’Onu danno le stesse cifre: due terzi di vittime “civili”. Rapporti israeliani indipendenti le rovesciano. “I civili sono meno di un terzo”. Intanto Gerusalemme si prepara per un “Goldstone 2”

Con le sue vittime civili e l’assedio a un sito umanitario, il bombardamento della scuola dell’Onu a Beit Hanun rimarrà una delle immagini simbolo dell’ultima guerra di Gaza. Ma una inchiesta, scriveva ieri il New York Times, avrebbe chiarito che a colpire la scuola non è stata l’artiglieria di Tsahal. Sarebbe stato, piuttosto, un missile di Hamas lanciato male. Sono già cento, infatti, i razzi “sbagliati” dei terroristi palestinesi caduti dentro la Striscia di Gaza. Secondo l’esercito israeliano, due di questi ieri sono caduti su un ospedale e su un campo profughi. Sempre ieri, quattro civili israeliani sono stati uccisi da un colpo di mortaio, nove le vittime tra i soldati. Eppure, come ha scritto ieri Alan Dershowitz, “i media adorano la conta dei cadaveri. E’ molto più facile contare che spiegare. E Hamas lo sa. Ecco perché utilizza quella che è ormai nota coma ‘la strategia del bambino morto’”.

 


Le statistiche fornite dalla dirigenza palestinese parlano di oltre mille vittime, di cui il 75 per cento civili. Il Palazzo di vetro concorda sulle proporzioni. Secondo lo UN’s Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, domenica erano 999 i morti palestinesi, di cui 760 civili. E’ sempre difficile fare una analisi delle vittime a conflitto in corso, specie in una guerra asimmetrica come quella di Gaza, dove i terroristi non hanno età, spesso nome e non indossano divise militari. Per “Piombo fuso” ci sono volute settimane prima di accertare che due terzi dei caduti palestinesi erano terroristi (Hamas aveva presentato cifre opposte). Ci ha provato però il Meir Amit Intelligence and Information Center, un ente indipendente israeliano. Al 23 luglio, i morti erano 775. Di questi “soltanto” 267 civili. “Molte delle cifre palestinesi, dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali non valgono la carta su cui sono scritte”, dice Reuven Erlich, direttore del Meit Amir. Più di due terzi delle vittime sono maschi adulti fra i diciotto e i sessant’anni. “I dati del ministero della Sanità di Gaza non spiegano chi viene considerato ‘miliziano’, ‘terrorista’ o ‘civile’. Per sapere quante delle vittime erano terroristi e quante erano civili bisogna fare un lavoro molto approfondito”. Nome per nome.

 

Ci ha provato però il Meir Amit Intelligence and Information Center, un ente indipendente israeliano. Al 23 luglio, i morti erano 775. Di questi “soltanto” 267 civili. “Molte delle cifre palestinesi, dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali non valgono la carta su cui sono scritte”, dice Reuven Erlich, direttore del Meit Amir. Più di due terzi delle vittime sono maschi adulti fra i diciotto e i sessant’anni. “I dati del ministero della Sanità di Gaza non spiegano chi viene considerato ‘miliziano’, ‘terrorista’ o ‘civile’. Per sapere quante delle vittime erano terroristi e quante erano civili bisogna fare un lavoro molto approfondito”. Nome per nome.

 


Uno studio del Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America spiega invece che le donne costituiscono “soltanto” il dodici per cento delle vittime totali di Gaza. I maschi sotto i quindici anni, sebbene costituiscano metà della popolazione totale della Striscia, rappresentano il tredici per cento delle vittime dei bombardamenti israeliani. Dunque, rapporti israeliani indipendenti raccontano un’altra storia, composta da tragiche vittime civili, ma soprattutto da oltre due terzi di caduti che appartenevano alle organizzazioni terroristiche, Hamas e Jihad islamico in testa.

 

Si apre, nel frattempo, il capitolo più delicato per Israele. La guerra legale all’Onu e alla Corte dell’Aia, dove i palestinesi sono da poco entrati. Si teme l’arrivo di un “Goldstone 2”, dal nome del giudice sudafricano che nel 2009 accusò Israele di crimini di guerra paragonandolo a Hamas, salvo poi rimangiarsi l’accusa in una clamorosa rettifica sul Washington Post. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ieri ha parlato di una “kangaroo court” che a Ginevra si occuperà della guerra di Gaza, per accusare Gerusalemme.

 

Ieri è uscita una nota del ministero dell’Interno di Hamas rivolta a ospedali, giornali, tv e social network: “Chiunque venga ucciso o martirizzato va chiamato ‘civile’, prima di qualsiasi status nel jihad. Non dimenticate di aggiungere ‘civile innocente’ nelle descrizioni di coloro che vengono uccisi dagli israeliani”. E’ in questa prestidigitazione della guerra, in cui verità e menzogna si confondono per sempre, che Israele sta perdendo la sua battaglia più importante, quella dell’opinione pubblica. Ieri ong europee lanciavano questo allarme, a dir poco sinistro: “Israele ha ucciso più bambini che terroristi”.
Le accuse del sangue contro il popolo ebraico, si sa, sono sempre state dure a morire.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.