Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo (Foto La Presse)

Il Grillo umiliato, il furbo Di Maio e i tormenti della Casaleggio&Dissociati

Marianna Rizzini

Il guru Casaleggio ha deciso che il Movimento 5 stelle ora deve fare il contrario di quello che faceva prima.

Roma. Proprio lui, il robotico manager che sogna di spedirci tutti sul pianeta Gaia, il Gianroberto Casaleggio guru che chiude a chiave il M5s al suo esordio in Parlamento, l’uomo con cappotto scuro e capelli dall’aria permanentata (con cappellino), la figura che esce dall’oscurità per salire sul palco di piazza San Giovanni, proprio lui, il “cattivo” del M5s per look, eloquio e sommerse decisioni, proprio lui ora è considerato il grande manovratore del cosiddetto “dialogo” con il Pd. Quello che ha detto “sì” dopo vari tira e molla, “sì” in disaccordo con Beppe Grillo che smentiva tutti, se stesso compreso, e faceva parlare le viscere che lo tengono in quel modo sul palco (è pur sempre un attore) e diceva “sbruffoni” agli amici di Matteo Renzi e dava l’ordine di ritirata furiosa dal tavolo, pensandosi ancora come colui che, nella notte illuminata dal lumino di casa sua in un lontano autunno del 2012, faceva capire con occhi di bragia ai primi dissidenti Giovanni Favia e Federica Salsi che basta, avevano rotto, erano fuori, punto e stop. E invece il guru Casaleggio, in asse con il vicepresidente della Camera a cinque stelle Luigi Di Maio, il “bravo ragazzo” di cui si parla con toni un tempo riservati all’Angelino Alfano “delfino” del Cav. (il “moderato”, il “rispettabile”), ha deciso che si deve fare il contrario di quello che si faceva prima: soltanto ad aprile Di Maio scriveva lettere al Corriere della Sera perorando la causa del bicameralismo perfetto, accusato ingiustamente, a suo dire, di essere “il problema dei problemi”, ora invece a domanda del Pd – “siete disponibili a superare il bicameralismo perfetto impostando il Senato come assemblea che non si esprime sulla fiducia e non vota il bilancio? – si può rispondere tranquillamente, come hanno fatto ieri i Cinque stelle dopo la sconfessione della linea-Grillo, che sì, “noi non siamo pregiudizialmente contrari”, a condizione che la sua esistenza “abbia ancora una precisa funzione nel disegno istituzionale”.

 

Ma non sono le posizioni ribaltate a disorientare il demi-monde grillino, cui comunque ieri il Di Maio comprensivo con Grillo ma “dissociato” da Grillo riservava un apposito post su Facebook, assicurando che ogni decisione finale al famoso “tavolo” delle riforme con Renzi sarebbe stata poi giudiziosamente sottoposta alla rete (a quel punto il vicepresidente pd della Camera Roberto Giachetti diceva: “Che facciamo, poi? Certifichiamo che abbiamo scherzato?”). E non è il testacoda a cinque stelle sul Senato o sul doppio turno o sul premio di maggioranza ad angosciare nel profondo attivisti e parlamentari, ieri sera pronti alla solita riunione con molti borbottii all’indirizzo di chi (sempre Di Maio) va in tv a fare il poliziotto buono di Grillo senza sanzione assembleare. A mettere tutti in ambasce, piuttosto, era la scissione di pensiero ai vertici: se in cima alla Casaleggio Associati i due capi sono dissociati, chi sono ora i dissidenti e chi sono gli ortodossi?

 

E se Casaleggio resta pur sempre il guru che inquieta, il profeta freddo dell’universo-microchip, la sua ultima mossa riporta a galla la mai abbandonata veste di occhiuto manager di e-commerce: uno che alla mobilia (clic sul sito e voti futuri) guarda eccome. Uno che ha deciso che stavolta “l’umiliazione” valeva la candela – “umiliazione”, proprio così la chiamano i diseredati sanculotti del web, gli attivisti che si sentivano invincibili nel dire vaffa a tutti, e che ieri inondavano il blog di Grillo di lacrime arrabbiate: eccoci, dicevano, “dovevamo mandare tutti a casa” e invece, toh, siamo diventati “collaborazionisti”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.