Merkel consola Cameron, ma il sud dell'Ue non tollera più i brits

David Carretta

Dopo la sconfitta di Cameron il pragmatismo sta tornando in Europa. La Germania vuole tenere dentro gli inglesi ed è pronta a concessioni, Londra lavorerà con Juncker. Senza l’Inghilterra, l’Europa sarebbe “molto più francese” e non tutti, soprattutto al sud, sarebbero scontenti

Bruxelles. Una telefonata di venti minuti con “l’uomo del passato” Jean-Claude Juncker e un articolo sull’euroscettico Daily Telegraph per spiegare che l’umiliante e maldestra sconfitta al Vertice europeo di venerdì scorso “non è un colpo fatale”. Il premier britannico, David Cameron, ha trascorso il fine settimana a cercare di rimediare alla disfatta sulla candidatura dell’ex premier lussemburghese alla presidenza della Commissione. “Il Regno Unito difenderà il cambiamento in Europa”, ha scritto Cameron per rispondere alle critiche di tutta la stampa britannica, oltre che dell’opposizione laburista, per una sconfitta annunciata. Paradossalmente, dopo l’isolamento su Juncker, il premier britannico ha l’occasione di ottenere ciò che chiedeva da tempo all’Unione europea: rinegoziare la relazione di Londra dentro al Club dei Ventotto per strappare uno status speciale in vista del referendum “in or out” promesso per il 2017. Se tra i paesi del sud c’è chi sogna l’uscita della Perfida Albione, il nord è pronto a fare blocco dietro a Cameron al fine di evitare la cosiddetta “Brexit”. L’Ue senza il Regno Unito sarebbe “inimmaginabile” e “assolutamente inaccettabile”, ha spiegato al Financial Times il ministro delle Finanze tedesco, Wolfang Schäuble, aprendo le porte a una complicata mini-riforma del Trattato.

 

“Non ero pronto a cedere” a un presidente della commissione imposto dall’Europarlamento: “Era una questione di principio”, ha spiegato ieri Cameron tra gli applausi della Camera dei Comuni. “Ora che Juncker è stato nominato lavoreremo con lui per rafforzare gli interessi britannici”. Vista l’inefficacia della minaccia di uscita dall’Ue, e l’implosione dell’alleanza anti Juncker che aveva cercato di costruire nell’ultimo mese, l’opposizione ha avuto gioco facile a parlare di “fallimento” di Cameron in Europa. “Aveva iniziato con un’Europa divisa contro Juncker e ha terminato con un’Europa unita contro di lui”, ha detto il leader laburista, Ed Miliband, in faccia al premier. La strategia di minacciare la Brexit “è stata messa alla prova ed è fallita”. I sondaggi, però, mostrano che il premier aveva ragione sui rischi legati alla nomina di Juncker. Se negli ultimi mesi i favorevoli a restare nell’Ue avevano superato i contrari, un sondaggio del Mail on Sunday ha interrotto il trend: il 47 per cento dei britannici vuole andarsene contro il 39 per cento che spera di rimanere.

 

La Brexit è una prospettiva che terrorizza la City e le organizzazioni imprenditoriali per gli enormi costi che sarebbero pagati dall’economia britannica, ma anche Berlino e le altre capitali che condividono con Londra alcuni obiettivi politici e una visione liberale del grande mercato interno. Negli ultimi anni Germania, Regno Unito, Svezia, Olanda e Finlandia hanno fatto fronte comune per tagliare il budget comunitario e chiedere una cura di dimagrimento delle competenze dell’Ue.  “Senza il Regno Unito, l’Ue sarebbe molto più francese – spiega al Foglio una fonte comunitaria – Più protezionista e centralizzata di quanto sia già ora”. Non a caso a Parigi, come in altre capitali del sud, c’è una forte corrente di pensiero europeista che auspica la Brexit come soluzione ai mali europei. “Amici inglesi: uscite dall’Ue ma non fatela morire”, era stato l’appello dell’ex premier francese, Michel Rocard, durante la disputa su Juncker.

 

Nella sua intervista al Ft, Schäuble ha detto che tra Londra e Berlino c’è “ampio consenso su molte questioni economiche e di regolazione”. Il ministro delle Finanze tedesco ha riconosciuto a Londra il ruolo di capitale finanziaria più importante al mondo e ha sottolineato che “storicamente, politicamente, democraticamente, culturalmente, il Regno Unito è assolutamente indispensabile all’Europa”. Insomma, occorre “fare tutto il possibile affinché gli interessi e le posizioni del Regno Unito siano sufficientemente rappresentate”. Ancora più forte e sorprendente è stato l’avvertimento del vicecancelliere socialdemocratico, Sigmar Gabriel: “L’uscita del Regno Unito dall’Ue segnalerebbe l’inizio della fine del progetto europeo”.

 

Alcune compensazioni per la sconfitta su Juncker Cameron le ha già ottenute. “L’Europa ha fatto un grande passo indietro, ma abbiamo fatto anche alcuni piccoli passi avanti” sul ruolo dei Parlamenti nazionali, sulla sussidiarietà, sui paletti al welfare shopping degli immigrati intraeuropei, ha detto il premier. Soprattutto, per la prima volta, l’agenda strategica dei prossimi cinque anni adottata dai leader riconosce il principio di un’Europa a due velocità, con la possibilità per Londra di non dirigersi verso “l’unione sempre più stretta” che è scritta nel Trattato. “Nella nostra Unione, esistono diversi gradi di cooperazione e integrazione”, dice il documento. “Ho dato il mio accordo affinché l’Ue possa evolvere a velocità diverse. Un’Unione più stretta non significa la stessa velocità per tutti”, ha detto la cancelliera tedesca, Angela Merkel, venerdì dopo il Vertice.

 

Secondo il think tank Open Europe, “il pragmatismo sta tornando in forza sia da parte britannica – con Cameron che dice di essere pronto a mettere da parte le sue differenze con Juncker – sia sul continente e in particolare in Germania”. La riconciliazione telefonica di domenica è stata “costruttiva”, hanno detto a Downing Street. “Se possiamo metterci d’accordo sul fatto che ci stiamo dirigendo, a velocità diverse, verso la stessa direzione, allora possiamo fare affari” con Juncker, ha scritto Cameron. Andrew Lansley, favorito per la nomina di commissario cameroniano nell’esecutivo Juncker, dovrebbe ricevere un portafoglio economico strategico come il Mercato interno, i Servizi finanziari o la Concorrenza. Juncker sarebbe pronto a fare di un britannico il più alto “civil servant” della sua Commissione: l’ex portavoce di Romano Prodi e attuale direttore generale del Mercato interno, Jonathan Faull, potrebbe assumere il ruolo di segretario generale dell’esecutivo comunitario.