Uno Juncker non fa primavera

Redazione

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha ottenuto l’impegno a un po’ più di flessibilità negli orientamenti strategici dell’Unione europea per i prossimi anni, in cambio della nomina di Jean-Claude Juncker alla presidenza della Commissione.

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha ottenuto l’impegno a un po’ più di flessibilità negli orientamenti strategici dell’Unione europea per i prossimi anni, in cambio della nomina di Jean-Claude Juncker alla presidenza della Commissione. Ma appassionarsi sull’aggettivo che accompagna la flessibilità — “pieno utilizzo”, “buon utilizzo”, “miglior utilizzo”, per seguire l’evoluzione delle bozze del documento adottato ieri dai capi di Stato e di governo dell'Ue – è poco utile e perfino controproducente. Perché il Patto di Stabilità, con tutte le sue rigide regole su deficit e debito, non si tocca. Quello tra la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e Renzi è un Patto politico: un’apertura di credito per lo straordinario successo alle elezioni europee e per i mille giorni di riforme promessi dal premier nel suo discorso alla Camera mercoledì. Senza progressi concreti sul mercato del lavoro, la riduzione della spesa, il fisco e le liberalizzazioni, all’Italia continuerà a essere negata la flessibilità intrinseca nel Patto, come accaduto con la richiesta di attivare la “clausola degli investimenti” (governo Letta).

 

Con il rinvio al 2016 del pareggio di bilancio, “la partita adesso è in Italia”, ha detto correttamente Renzi: “ora vanno fatte le riforme”. E il nostro problema, come ha ribadito ieri la cancelliera, è il debito pubblico (pari al 135 per cento del pil) più che il deficit. Il negoziato sulla flessibilità, comunque, si svolgerà tra Roma e il prossimo commissario agli Affari economici, quando la Commissione Juncker – salvo una sorprendente bocciatura all’Europarlamento il 16 luglio – sarà pienamente in funzione. Cosa attendersi? All’Eurogruppo, Juncker chiuse un occhio sui trucchi di bilancio della Grecia e acconsentì allo smantellamento del Patto di Stabilità da parte di Berlino nel 2003, salvo convertirsi all’austerità punitiva voluta da Merkel in cambio del salvataggio della zona euro. Oggi serve creatività per permettere ai paesi che non crescono di tagliare le tasse su imprese e redditi in cambio di riforme strutturali. Domani sarà necessario ricucire la grande rottura con David Cameron per evitare una catastrofica uscita del Regno Unito dall’Ue. Dopodomani occorrerà ristrutturare la dottrina strategica europea per affrontare una Russia revanscista a est e un Medio oriente in implosione a sud. E’ presto ora per eccedere in festeggiamenti.

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