I leader europei riuniti ieri a Ypres, in Belgio (Foto Ap)

Al vertice dell'Ue

I leader europei si ricompattano su Juncker ma occhio alle sorprese

David Carretta

“Dobbiamo darci una mossa”, dice Renzi in asse con Merkel. Inglesi e francesi isolati. I calcoli all’Europarlamento.

Bruxelles. “Se vogliamo bene all’Europa dobbiamo darci una mossa”, ha detto ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi.  Indecisi tra il cambiamento e lo status quo, i ventotto capi di stato e di governo dell’Unione europea intanto oggi designeranno Jean-Claude Juncker come candidato alla presidenza della Commissione. L’ex premier lussemburghese non solo è “un uomo del passato”, come lo ha definito l’ex premier britannico, David Cameron, rimasto isolato nella sua maldestra crociata anti-Juncker. E’ anche un “ostacolo alle riforme che potrebbero rafforzare sia l’unione sia la sua economia”, ha scritto ieri il Wall Street Journal in un efficace editoriale dal titolo “Chiunque tranne Juncker”. Una sorpresa non è esclusa, perché la grande coalizione tra popolari e socialisti all’Europarlamento è numericamente fragile. Con 36 voti di margine per raggiungere la maggioranza assoluta, l’elezione di Juncker alla Commissione e quella del socialdemocratico tedesco Martin Schulz alla presidenza dell’Europarlamento sono a rischio. Non a caso ieri popolari e socialisti hanno allargato i negoziati sulla grande coalizione europea ai liberali. Il 16 luglio, quando l’Europarlamento dovrà confermare Juncker, laburisti britannici e conservatori ungheresi voteranno in dissenso dai loro gruppi. I socialisti spagnoli, portoghesi e greci esitano: non hanno dimenticato che Juncker ha presieduto l’Eurogruppo dell’austerità negli anni più difficili della crisi, al servizio di una Germania determinata a punire il sud in cambio degli aiuti.

 

Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha già preparato una strada alternativa: candidare alla Commissione un socialista (l’ex direttore dell’Organizzazione mondiale del commercio, Pascal Lamy, ha il profilo giusto) e spostare il lussemburghese alla presidenza del Consiglio europeo. Il Wall Street Journal preferirebbe Dalia Grybauskaite, cintura nera di karate nota come la lady di ferro della Lituania, senza marito e senza figli, appena rieletta presidente dopo un passato da commissaria europea molto amata, liberale in economia, atlantista, antirussa, consapevole della sfida energetica che deve fronteggiare l’Ue. Ma il candidato alternativo si scontra con un ostacolo maggiore. La nomina di Juncker è il frutto di un compromesso tra la nuova coppia che potrebbe dettare la futura politica dell’Europa: Merkel e Renzi.

 


I risultati delle elezioni europee, con il trionfo dell’Ukip nel Regno Unito e del Front national in Francia, pesano sui nuovi equilibri nell’Ue, dove i rapporti di forza sono determinati anche e soprattutto dai numeri elettorali. Fino al 25 maggio, David Cameron e François Hollande erano i principali interlocutori della cancelliera tedesca, Angela Merkel. Al presidente francese era stata concessa la flessibilità di bilancio negata all’Italia. Al premier britannico era stato promesso di disfarsi discretamente di Juncker e di avviare un negoziato serio sullo status del Regno Unito nell’Ue. Ma il nuovo uomo forte, che con il suo 41 per cento ha salvato l’Europa dalla disfatta antieuropeista, è Renzi. E la donna forte è sempre Merkel, che tratta direttamente con lui e ordina ai diplomatici tedeschi di ascoltare quelli italiani. Così, al corteggiamento di Cameron, seguito dalla minaccia di andarsene dall’Unione europea (minaccia sciagurata che ora gli si ritorce contro), Merkel ha preferito cedere alle pressioni della stampa popolare tedesca favorevole a Juncker. I giornali francesi, invece, fremono per un improbabile asse Parigi-Roma anti Merkel e anti austerità (“La Rosa germoglia in Europa” era il titolo sulla copertina di Libération ieri), esattamente come facevano quelli italiani fino a poco tempo fa. L’Eliseo cerca di dimostrare che conta ancora in Europa, con il vertice dei leader socialisti convocato in fretta e furia sabato scorso e il documento sugli orientamenti strategici dell’Ue inviato da Hollande dopo quello di Renzi. Cameron è tentato dalla politica della sedia vuota di De Gaulle, smettendo di partecipare ai compromessi europei, ma il rischio di un isolamento senza benefici è alto.

 

Merkel rimane rassicurante con gli altri partner: nonostante la sconfitta di Cameron su Juncker, “possiamo trovare ottimi compromessi con il Regno Unito e andare incontro” alle sue richieste di rinegoziare i rapporti con l’Ue, ha detto la cancelliera. Renzi continua la sua battaglia retorica che piace ai francesi per un’Ue che si occupi “un po’ di più di crescita e famiglie”. Juncker, cristiano-democratico sociale che preferisce i compromessi ai grandi valori, fa comodo sia a Renzi sia a Merkel. In un’Ue sempre più intergovernativa, le scelte politiche si fanno al Consiglio europeo, non più alla Commissione. La sintesi è “l’agenda strategica” che dovrebbe essere adottata dal vertice e che, nell’ultima bozza di ieri, prevede di fare “buon uso della flessibilità contenuta nel Patto” per gli investimenti e la crescita. Le regole e la loro applicazione rimangono le stesse, ma toccherà a Juncker decidere se concedere più margine a Renzi che promette riforme à la Schröder e a un’Italia decisiva per la sua ascesa alla Commissione. La Germania è favorevole alla nomina di Federica Mogherini ad Alto rappresentante per la politica estera (nella crisi ucraina il ministro degli Esteri italiano si è messo in scia del suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier), ma potrebbe anche accettare Enrico Letta alla presidenza del Consiglio europeo.