Il presidente colombiano Santos (foto LaPresse)

Così i risultati della nazionale (colombiana) influiscono sulle elezioni

Maurizio Stefanini

Nel 1969 in America Latina per una partita (El Salvador-Honduras) scoppiò la Guerra del Calcio. Nel 2014 un'altra guerra (quella civile in Colombia) potrebbe finire grazie ai risultati della formazione di José Pekerman

Nel 1969 in America Latina per una partita scoppiò la Guerra del Calcio, di cui fu eccezionale testimone Ryszard Kapuściński. Un conflitto combattuto tra El Salvador e Honduras dal 14 al 18 luglio in seguito ai feroci scontri tra i tifosi durante la fase eliminatorie per Messico 1970. Provocò 6000 morti e 15.000 feriti. Nel 2014 in America Latina una partita di calcio potrebbe far finire una guerra: quella civile che dura in Colombia in pratica dal 1948, che ha fatto almeno 220.000 morti. Per risolvere definitivamente la situazione il presidente Juan Manuel Santos ha intrapreso a Cuba un complesso negoziato con la guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (Farc): una trattativa che il suo avversario Óscar Iván Zuluaga aveva intenzione di chiudere.

 

Lo scontro, politico, tra i due è andato in scena in due puntate. Al primo turno elettorale Zuluaga si era imposto con il 29,25 per cento dei voti contro il 25,69. Al ballottaggio è stato invece Santos a spuntarla con il 50,95 per cento contro il 45 per cento dell’avversario e un alto numero di schede bianche che rivelava la ripugnanza della sinistra colombiana a scegliere tra due politici di destra entrambi detestati. Se Santos ce l’ha fatta di misura, avvertono gli analisti, è stato perché una parte dell’elettorato di sinistra ha deciso di turarsi il naso e unire il suo voto a quello delle altrettanto cruciali clientele mobilitate dai capibastone della Costa Atlantica. Ma probabilmente nemmeno questo sarebbe bastato se meno di 24 ore prima del voto la Colombia non avesse giocato la partita del suo ritorno ai Mondiali dopo 16 anni di assenza, stracciando la Grecia per 3-0.

 

[**Video_box_2**]Bandiere issare su vie e edifici per il match sono state lasciate per i comizi, e molti elettori si sono recati alle urne con la maglietta gialla della Nazionale. Davvero sono stati Armero, Gutiérrez e James Rodríguez a decidere con i loro goal la riconferma del Presidente? Per lo meno, così avevano previsto Andrew Healey e Neil Malhotra: due docenti di Economia, rispettivamente alla Loyola Marymonut University e alla Stanford University, autori di uno studio sull’influenza dei risultati delle partite di football americano sulle elezioni Usa, le cui conclusioni sono secondo loro perfettamente estendibili a qualunque sport e qualunque contesa elettorale. Anzi, secondo Healey “se mai una volta un evento del genere può aver avuto un impatto su alcune elezioni, il caso è questo”. “Il football americano universitario è molto importante per gli Stati Uniti, ma non credo che si possa comparare con l’importanza che ha per i colombiani essere di ritorno a un mondiale di calcio. E che questa partita si sia tenuta proprio in giorno prima delle elezioni è una coincidenza incredibile”.

 

La vittoria favorisce chi è al governo, perché porta i tifosi a vedere sotto una luce positiva quanto accade politicamente nel loro paese. Un risultato negativo pompa invece l’opposizione. Ovviamente, tutti e due i candidati avevano ostentato il loro tifo per la Nazionale, interrompendo un atto la campagna per mostrarsi a guardare la partita. e se Zuluaga si è esibito anche lui in maglietta gialla, il figlio di Santos si era fatto fotografare su Twitter assieme a Radamel Falcao e a una colomba della pace della propaganda del padre, che a sua volta ha postato il primo goal di Armero.

 

Healey lo aveva previsto chiaramente: “Santos ha più ragioni per desiderare una vittoria”. E i risultati sembrano ora dargli ragione, in un Mondiale che peraltro potrebbe essere tutto un laboratorio. Da Dilma Rousseff che aspetta a sua volta da una vittoria brasiliana ai Mondiali la spinta per la riconferma, a una Spagna che sembra riflettere la stessa crisi della sua dinastia, a un’Italia per ora in pieno effetto Renzi, a una Germania che straccia il calcio portoghese allo stesso modo in cui Angela Merkel ha stracciato la sua economia.