A tu per tu con il Brasile di Felipao e l'orgoglio ferito dei pentacampeao

Pierluigi Pardo

Il lato triste del Brasile. Due partite, quattro punti, un aiuto arbitrale grosso (il signor Nishimura) contro la Croazia e zero certezze. Forse l’illusione è stata la Confederations di un anno fa, i tre schiaffi dati alla Spagna in finale al Maracanà, il gioco dominatore di quelle notti in cui la squadra in campo regalò sorrisi a un Paese sull’orlo della guerra civile.

Messico e nuvole. Molte. Il lato triste del Brasile. Due partite, quattro punti, un aiuto arbitrale grosso (il signor Nishimura) contro la Croazia e zero certezze. L’orgoglio dei pentacampeao va giù come l’indice azionario Bovespa nei giorni terribili della crisi del 2008. Il talento di Neymar, indiscutibile ma fin qui incompiuto, non basta, la pressione su Felipao cresce di giorno in giorno.

 

Forse l’illusione è stata la Confederations di un anno fa, i tre schiaffi dati alla Spagna in finale al Maracanà, il gioco dominatore di quelle notti in cui la squadra in campo regalò sorrisi a un Paese sull’orlo della guerra civile con le feroci proteste nelle piazze. Adesso sembra un’altra storia. L’ansia da prestazione è un nemico difficile da battere, i limiti strutturali della squadra un sospetto che comincia a diffondersi nei peggiori bar di Rio.

 

Immagine simbolo: Fabio Linhar, un bambino di dieci anni che non è riuscito a trattenere il pianto a dirotto in diretta tv dopo il fischio finale sulle tribune del Castelao. Scena struggente che racconta il potere misterioso e magico del futebol e ha fatto commuovere il Paese.

 

[**Video_box_2**]Indicatori scientifici: L’Operador Nacional do Sistema Electrico ha misurato il minuto 67 come quello in cui implacabilmente il consumo di elettricità (extra tv) è cominciato a crescere, segno che si è fatta spazio, pesante, la disillusione sulla prestazione della Selecao, e progressivamente la gente ha abbandonato i televisori. Segno di rassegnazione. Non bene.

 

Era acceso invece il televisore della base aerea di Pirassununga, dove Djlma Roussef, proveniente da un evento a Paranà ha fatto fermare il jet presidenziale per poter assistere al secondo tempo della partita. Dopo la gara è sembrata comunque fiduciosa. “Vinceremo noi il Mondiale. A volte per arrivare al trionfo può servire anche pareggiare” ha dichiarato. Djlma 1 – Scaramanzia 0.
Felipao è sulla stessa linea. Ma, si sa, qualsiasi vino per l’oste è sempre Sassicaia. “Contro il Messico la qualità del nostro gioco è cresciuta del 10 per cento rispetto all’esordio con la Croazia” dice. Fiducioso a parole ma nervoso. Alla fine ha reagito con forza all’ennesima domanda critica e si è avvelenato per il rigore non concesso a Marcelo nel finale. “di questo non si parla, eh?” ha rinfacciato a brutto muso al povero cronista.

 

Si sente in bilico, Scolari. I capi di imputazione sono evidenti: squadra con poco talento complessivo, distante dalle migliori generazioni della storia verde-amarelha. Colpa del destino, del poco materiale a disposizione, ma anche delle sue scelte. La freddezza nei confronti di Diego Costa che, stizzito, ha scelto la Spagna pur correndo il rischio di farsi fischiare dal pubblico pagante in ogni partita, la sta già pagando. Dietro a Neymar c’è il vuoto. Fred è poco amato e sembra poco pronto per una simile manifestazione. Jo e Bernard faticherebbero a essere convocati in molte altre nazionali. Hulk è una continua storia di alti e bassi.
Qualcuno comincia a rimpiangere Kakà o a fare paragoni impietosi con i grandi della storia. Impossibile.

 

Adesso Ronaldo, il Fenomeno, fa il commentatore per tv Globo, Romario gioca ogni sabato in spiaggia a Barra de Tijuca, Pelè lo vedi in tv al Mondiale ma solo come testimonial onnipresente di una catena di supermercati, Ronaldinho è ai titoli di coda e tra poco si metterà a ridere a tutta gengiva dentro a qualche bar. Zico, Socrates e Garrincha per diverse ragioni non erano convocabili. Tocca a questi 23. E non sarà facile.

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