La formazione dell'Olanda prima della partita contro l'Australia (Foto La Presse)

Viva i fegati ingrossati. Perché non possiamo non dirci anti olandesi

Lanfranco Pace

La cosa bella del calcio tra le tante è che puoi amare chi vuoi, come al cinema. Con il cuore e con la mente dico Italia. In subordine e quindi con il fegato ingrossato dico Spagna, Brasile, Francia, mia seconda patria.

La cosa bella del calcio tra le tante è che puoi amare chi vuoi, come al cinema. Con il cuore e con la mente dico Italia. In subordine e quindi con il fegato ingrossato dico Spagna, Brasile, Francia, mia seconda patria. O Africa “fissa” perché sono anche milanista, in questo caso da intendersi come fan di Maurizio Milani. Chiunque insomma ma non i sud americani di lingua spagnola, non i nordici, non i celti, non i sassoni, non i protestanti: calcisticamente sono intimamente sudista, cattolico e apostolico romano. Il Cile poi. Che i Sánchez, i Vidal, gli Isla, i Pinilla abbiano giocato o giochino da queste parti mi lascia completamente indifferente. Era l’anno 1962, precisamente il 2 di giugno. All’Estadio Nacional di Santiago l’Italia dei Lorenzo Buffon, di Maldini padre e Gigi Radice, di Losi, Rivera, Mora, Altafini e di due dei tre argentini dalla faccia sporca, gli oriundi Omar Sivori e Humberto Maschio, gioca la seconda partita del Mondiale contro i padroni di casa. Alla prima avevamo pareggiato 0 a 0 contro la Germania Ovest, loro avevano vinto 3 a 1 contro la Svizzera. Per noi era uno scontro da dentro o fuori. Non ne uscimmo vivi. Caccia all’uomo, gli oriundi messi in croce per aver tradito la patria latina: dopo sette minuti l’arbitro inglese Ken Aston espelle Giorgio Ferrini per fallo di reazione a un’entrataccia da dietro. L’arbitro è di spalle, sta ancora parlando con Ferrini, il gioco è fermo, Lionel Sanchez rifila un cazzotto a Maschio spaccandogli il naso, rimarrà in bambola per tutta la partita, all’epoca non erano ammesse sostituzioni, finimmo in nove, fu espulso anche Mario David provocato dal solito Sánchez, sotto di 2 a 0, uscimmo dal Mondiale e dallo stadio scortati dai carabineros. Su una sola cosa avevano ragione i cileni: ad avercela con noi per i nostri giornalisti, le grandi firme dei grandi giornali dell’epoca che poi sono sempre quelli, che avevano descritto quel paese povero e per di più appena colpito da un terremoto catastrofico come di un posto di degrado, miseria e di puttane a ogni angolo di strada . Ma il calcio richiede sempre che si sappia fare la part des choses, che non si mischi con rivincite e vendette: la battaglia di Santiago trasmessa in registrata in Europa venne presentata da un telecronista inglese come “l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa nella storia di questo sport”. Io ragazzo del 1962 ci rimasi male e non ho mai dimenticato. E voi ancora state lì a tifare Cile per gufaggine contro la Spagna?

 

C’è qualcosa di ingeneroso in questo augurarsi la messa a morte di un paese che ha vinto l’ultimo Mondiale, l’ultimo Europeo e appena tre settimane fa dominava tutte le competizioni continentali per club, dando vita tra l’altro a una mostruosa bagarre a tre nella Liga. Se le sono date fino alla fine, mentre altrove, Italia compresa, i giochi erano fatti e finiti ad aprile e pure prima. La Spagna non è né morta né moribonda, è solo e comprensibilmente stanca. Se riesce a rifiatare, se Piqué e Casillas resisteranno alle notti incantatorie con Shakira e Sara Carbonero, loro rispettive fidanzate, ve lo darà lei il Cile. Che poi a volere la fine del gioco spagnolo sia anche il conduttore di un programma televisivo di successo che si chiama Tiki Taka è francamente il colmo.

 

Non mi porterete mai ad ammirare questa Olanda a dominante bianca, ugonotta quanto mai torva e macina sentenze: Van Gaal è un presuntuoso, più di Crujiff che almeno in carriera qualcosa ha vinto, Robben resta per me un mistero, dicono che sullo scatto vada a 37 chilometri l’ora, che sarebbero comunque intorno ai 9 secondi e 7 sui cento metri, ma sono convinto che nel nostro campionato lo fermerebbe il primo Paletta che passa. Il Brasile: zero a zero e tutto qui, dicono. Si e allora? A parte che contro il Messico comunque un 2 a 0 ci poteva anche stare. Manca un regista di talento? Vero ma confido che lo troveranno, rimescoleranno le linee e avanzeranno con giudizio: gli schiaccia sassi che fanno l’en plein di nove punti nelle prime tre partire di solito si schiantano negli scontri diretti. Raramente arrivano alla meta.

Di più su questi argomenti:
  • Lanfranco Pace
  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.