Chi è Sánchez, il ragazzo che oggi vuole cancellare la Spagna

Pierluigi Pardo

Il giovane uomo che può far saltare definitivamente il tiki-taka e chiudere un’epoca è un cileno di 25 anni che gioca a Barcellona, che ha illuso il popolo azulgrana nell’ultima giornata contro l’Atletico e che a quel modello, di falso nueve e recupero immediato del pallone si ispira.

Il giovane uomo che può far saltare definitivamente il tiki-taka e chiudere un’epoca è un cileno di 25 anni che gioca a Barcellona, che ha illuso il popolo azulgrana nell’ultima giornata contro l’Atletico e che a quel modello, di falso nueve e recupero immediato del pallone si ispira, un paradosso in effetti. Il Niño Maravilla, Alexis Sánchez, predestinato fin da bambino quando tutti lo chiamavano il Messi cileno, punta il Maracanà, mica un posto banale per fare la storia. Dopo Robben c’è lui tra gli incubi spagnoli, tra le inquietudini di un ambiente, quello della Roja, che si sente improvvisamente solo e fragile, dopo un pomeriggio a Salvador de Bahia talmente assurdo che ci sarebbe quasi da ridere (fantozziane gesta di Casillas & co.) se non ci fosse da piangere, però. Se in discussione, insomma, improvvisamente, non ci fosse l’orgoglio dei campioni di tutto, della Nazionale che da quel maledetto (per noi) 22 giugno del 2008, vittoria ai calci di rigore a Vienna contro l’Italia di Donadoni, non si è mai fermata, diventando modello invidiato, argomento di discussione, oggetto di tesi di laurea, riferimento culturale, metafora sociologica e parecchie altre esagerazioni.

 

[**Video_box_2**]Alexis Sánchez dunque, soprattutto lui, ancora più di Arturo Vidal, potrebbe far saltare il banco e magari poi lasciare la Catalogna al suo destino, dopo tre anni, 141 presenze, 47 gol, una Liga, un Mondiale per club ma nessuna Champions (a ben vedere un segnale di declino non da poco). Lo vogliono a Manchester e a Liverpool, lo vogliono soprattutto a Torino. Se lo ricordano bene, pauroso negli anni di Udine, soprattutto nel 2011 quando fece piangere Juve, Milan e Sirigu che ne prese 4 nel famoso 7-0 di Palermo. Con la sua cessione (37 milioni e mezzo) Pozzo avrebbe potuto comprare mezzo Friuli, sicuramente ha stabilito il record del giocatore cileno più pagato nella storia. L’aveva preso cinque anni prima grazie alla sua rete di osservatori. In realtà non c’era bisogno di Bond, James Bond, per sapere che era sul punto dell’inevitabile decollo. Bastava chiederlo al sindaco di Tocopilla, Alexander Kurtovic, che a 15 anni, quando giocava con l’Arauco, gli regalò le prime scarpe da calcio. Dieci anni e 91 gol dopo le cose sono piuttosto cambiate. Adesso c’è addirittura una strada, la “Calle Alexis Sánchez”, intitolata a lui. Potere magico del pallone.

 

Il Niño, per carità, ci mette del suo per farsi amare. A Natale del 2011 invia quaranta maglie del Barcellona a tutti i suoi ex compagni e allo staff dell’Udinese. Ha un carattere altruista fuori e dentro il campo. Facile sentirti gregario quando sei circondato da Messi e simili nel Barça, ma la stessa generosità l’ha sempre messa anche al servizio della Nazionale. Contro l’Australia ha trovato subito il gol, ha ispirato il 3-1, è stato leader nella notte in cui Vidal mostrava acciacchi fisici e lune sbagliate.

 

Il Cile oggi si aggrapperà al suo talento, alle parole orgogliose del ct Jorge Sampaoli “vogliamo vincere il Mondiale” (alè…), al modello Bielsa che ispira tutto. Nel paese sudamericano è Sánchez mania. Si ritirano fuori dall’armadio gli aneddoti. Le imprese da bambino con la maglia del Cobreloa quando giocava con ragazzi più grandi di cinque anni e sembrava già un veterano, pure il taccuino che Marcelo Salas gli consegnò prima di partire per l’Italia con le frasi per cavarsela nella nostra lingua. “A che ora c’è l’allenamento?” ,“Quanto costa il biglietto?”, “Che ore sono?”.

 

Ora sul suo quaderno c’è un solo imperativo: battere la Spagna, chiudere un’epoca, stregare il Maracanà in un caldo pomeriggio di giugno. Tra umidità, adrenalina e gloria possibile, davanti.

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