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Gigi chi?

Pierluigi Pardo

Sirigu è un italiano di successo in Francia, integrato benissimo nello splendore parigino, più mondano di Thiago Motta e Verratti, parla bene la lingua e pare abbia conquistato la fidanzata, la splendida attrice Camille Verschuere, con una serie di lettere appassionate.

"Pogaridadi”. Mamma mia. Ha pensato in sardo quando ha saputo che avrebbe giocato, quando l’esordio Mondiale era ormai diventato realtà. “Sono tornato in camera e dalla quantità di messaggi e telefonate ho capito che la faccenda era seria”, dice Salvatore Sirigu con gli occhi felici di chi sa di essersela cavata alla grande. Super su Henderson, Sturridge e Barkley, strepitoso sulla punizione di Baines. Come Buffon, insomma.

 

Adesso potrebbe ancora toccare a lui, in attesa che Gigi risolva i suoi acciacchi, ma la notizia è che improvvisamente la cosa non ci mette più paura. Logico, in fondo, per un portiere abituato da anni a giocare da protagonista in Champions e a vincere scudetti in Francia. E’ il primo sardo in questo ruolo nella storia della Nazionale. Nuorese doc, attaccante esterno da ragazzo, predestinato secondo la profezia di Walter Zenga di qualche anno fa.

 

Sirigu è un italiano di successo in Francia, integrato benissimo nello splendore parigino, più mondano di Thiago Motta e Verratti, parla bene la lingua e pare abbia conquistato la fidanzata, la splendida attrice Camille Verschuere, con una serie di lettere appassionate. Ama l’arte e le passeggiate per la città, vive nella periferia glamour di Neuilly. Ha un cavallo di nome “Genio” e non disdegna la PlayStation, come un pischello qualsiasi. “Io e Thiago Motta siamo imbattibili nei giochi di guerra. Nel videogioco del calcio non sono un granché, invece. Perdo con Cerci, Insigne e Immobile”, racconta con la dolcezza dei 27 anni.

 

[**Video_box_2**]Parole che sanno di armonia, gruppo, felicità e autostima. In un mondo di euro-scettici Sirigu sembra invece un testimonial del progetto Erasmus. Parigi gli ha cambiato la vita: “Sono andato lì perché c’erano prospettive interessanti, e non mi sbagliavo. La Champions sicuramente regala consapevolezza, una forma mentale diversa che adesso può essermi utile”.  Neuer e Courtois sono i giovani portieri a cui guarda, l’umiltà è parte del personaggio. “Non so nemmeno se sono nella top-ten mondiale del mio ruolo. Buffon è un punto di riferimento, è irrealistico adesso pensare a un passaggio di consegne, al futuro ci penserò dopo il Mondiale, adesso voglio godermi questa esperienza”. Carpe diem, insomma. Il resto lo scopriremo solo vivendo, già nel prossimo match, nella nuova puntata delle sue sliding doors con Gigi. Lui intanto si prepara. Campbell, il migliore attaccante della Costa Rica sembra conoscerlo bene, lo ha incrociato anche in Champions quest’anno. L’allenamento corre veloce e allegro, la sensazione è quella di un gruppo affiatato, nel quale anche chi è potenzialmente deluso, il “10” di Bari Vecchia per esempio, sta fermo al suo posto, sorride e aspetta il momento. Potere del prandellismo, magia del Mondiale, conseguenza del risultato positivo e del luogo, questo strano, buen retiro, distante dal Brasile conflittuale e caotico di Rio de Janeiro e San Paolo. Qui c’è molto silenzio ma non ci si sente mai soli. You’ll never walk alone, più o meno. Le voci arrivano dall’Italia e dal mondo. I complimenti della critica, la speranza di essere a un metro esatto dalla svolta definitiva dopo i tre punti pesanti con l’Inghilterra. Ci sono il tempo e il silenzio per potersi concentrare. Sullo sfondo i taxi-boat in mezz’ora portano alla spiaggia di Lopes Mendes, sdraiata su Ilha Grande, definita una delle cinque più belle del pianeta, quella dove Ayrton Senna arrivava in elicottero per un paio d’ore di corsa e solitudine. I nostri ragazzi per ora non ci sono andati. Hanno altri progetti, e un’altra idea di paradiso, in testa.

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