Proteste o no, a Hong Kong si beve bene

Edoardo Narduzzi

A Pechino i vertici del Partito comunista sono stati colti in contropiede. Una piazza a Hong Kong così affollata, organizzata e capace di farsi notare sui social media non l’avevano messa in conto.

A Pechino i vertici del Partito comunista sono stati colti in contropiede. Una piazza a Hong Kong così affollata, organizzata e capace di farsi notare sui social media non l’avevano messa in conto. Men che meno avevano ipotizzato di doversi confrontare con i cittadini dell’ex colonia britannica in materia di diritti politici. Qualcosa pare si sia inceppato nel modello “un paese due sistemi” che per quasi un ventennio bene ha funzionato in Cina. Hong Kong, il sistema più liberalizzato economicamente, vuole anche votare i suoi governanti. Tensioni non facili da gestire in un paese dalla popolazione miliardaria che ha fatto del primato economico globale il suo obiettivo sociale principale. Tensioni che non hanno, comunque, pesato negativamente sulle aste vinicole di Hong Kong. Solo qualche giorno fa i compratori cinesi l’hanno fatta da padrone nell’aggiudicazione dei lotti di vini pregiati offerti da Acker Merrall & Condit. Un’asta dei record che ha certificato come i nuovi ricchi di Pechino non siano minimamente impensieriti dal ciclo economico attuale. In un solo fine settimana sono state battute etichette per 5,8 milioni di dollari e un solo acquirente cinese ha investito 400 mila dollari in bottiglie di Bordeaux e Borgogna. Un altro investitore cinese, invece, ha pagato 70 mila dollari un verticale con 65 diversi millesimi di Château Latour. Complessivamente ben 120 record mondiali di prezzo sono stati registrati per le diverse cantine e annate offerte in asta a Hong Kong. Insomma i cinesi più ricchi non paiono preoccupati dalla possibilità che la turbolenza della piazza possa sfuggire di mano.

 

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