Vendere la pelle a Venezia 77

Le belle storie funzionano sempre e "L'uomo che vendette la sua pelle" della regista tunisina Kaouther Ben Hania è una bella storia

Mariarosa Mancuso
Mariarosa Mancuso racconta Venezia 77

Le belle storie funzionano sempre. Nel 1952 l'inglese Roald Dahl scrisse un racconto intitolato "Skin", "Pelle", uscì sul New Yorker. Dopo una sbronza colossale un uomo si ritrova tatuato sulla schiena un disegno di un certo Soutine, all'ora poverissimo e sconosciuto. Quando Soutine diventa un pittore famoso il poveretto, che nel frattempo si aggira come un barbone, ha un dipinto preziosissimo sulla schiena, ma chi è disposto a comprarlo lo vuole esporre senza di voi: vuole solo la sua pelle. Il film "L'uomo che vendette la sua pelle" è diretto da una regista tunisina che si chiama Kaouther Ben Hania. Racconta una storia simile ambientata oggi. Un giovanotto siriano in Libano si fa tatuare sulla schiena un visto Schengen. Ha fatto un accordo con un artista dagli occhi spiritati. Spera così di poter viaggiare, di avere qualche soldo, di raggiunge l'amata in Belgio, che nel frattempo è stata costretta a un matrimonio combinato. Non è così facile. Per esempio succedono i pasticci che ci aspettiamo e che hanno a che fare con l'opera d'arte e il suo statuto. Ma anche pasticci che non ci aspettiamo, per esempio quando spunta un brufolo sulla schiena del tatuato ci si chiede: l'opera d'arte è ancora la stessa oppure no? Solo Banksy potrebbe rispondere. Lui che ha tagliuzzato un suo quadro e adesso i brandelli valgono ancora più di prima. A Venezia il film è nella sezione Orizzonti. In concorso, nel concorso principale, le donne erano già troppe.

Di più su questi argomenti: