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Cosa non si può perdere (e cosa sì) di Venezia 77

Mariarosa Mancuso

Il meglio e il peggio della Mostra del cinema che andrà avanti fino al 12 settembre

La Mostra del cinema che “non si poteva non fare” (e vuole essere un laboratorio per i festival a venire) non ha finora proposto film imperdibili. A eccezione di “La voce umana”, di Pedro Almodovar con Tilda Swinton. Avviso per i nostalgici di Anna Magnani e della sua versione: preferiamo una ragazza che compra un’ascia meditando vendetta, vestita elegante, alle strazianti lacrime della tradizione italiana. Era fuori concorso, comunque, e durava mezz’ora. Pedro avrà avuto i suoi momenti bui, ma è ancora capace di trasformare in cinema tutto quel che tocca.

    

In cerca di un film che potrebbe riportare la gente al cinema abbiamo dovuto aspettare “The Duke” di Roger Michell, che a suo tempo aveva diretto la Royal Shakespeare Company. Mollato il teatro, è stato il regista di “Notting Hill” e ha dato il suo primo ruolo importante a Daniel Craig in “The Mother”. Questo per dire che sarebbe potuto stare in concorso e non fuori dove lo hanno collocato. Certo, avrebbe fatto sfigurare gli altri concorrenti.

  

Parlando di esperienze estreme, abbiamo visto “The disciple” di Chaitanya Tamhane. Musica classica indiana, per due ore e sette minuti (prima eravamo indifferenti, ora abbiamo il forte desiderio di non ascoltarne mai più una nota). Corredata dalle lezioni di una vecchia guru: ispirazione, espirazione, guarda dentro di te perché la tecnica da sola non basta. Protagonista un giovanotto che non riesce mai a vincere un concorso, ma fino alla fine del supplizio non riusciamo a capire se è bravo oppure no. Non lo è. E’ uno dei tanti fissati convinti che il resto del mondo vuol soffocare i veri talenti, è pieno di raccomandati, e i più scarsi fanno un sacco di soldi rovinando le sacre tradizioni su YouTube.

    

“The Duke” invece è divertente, ben fatto, basato su un curioso fatto di cronaca. Molto british e molto classe operaia. Jim Broadbent non riesce a tenersi un lavoro, crede di essere un grande scrittore e manda in giro manoscritti puntualmente respinti. Uno, per dire, si intitola “Susan Christ”. La moglie Helen Mirren ha occhiali e grigiume da casalinga anni Cinquanta (si affacciano i Sixties, ma non a Newcastle). Tutti a Londra parlano di un Goya: il ritratto del Duca di Westminster acquistato dalla National Gallery per 140 mila sterline. Per uno che non riesce a pagare il canone della Bbc – e combatte perché sia gratis per gli anziani, unica compagnia di chi ha combattuto per la patria – la tentazione è forte. Va da sé che tutti recitano benissimo, e “The Duke” può essere consigliato agli amici senza timore di rimostranze. Non è un film da festival? Anche su questo si può discutere, se per “festival” non intendiamo un circuito chiuso di film che orgogliosamente fanno a meno degli spettatori. La Mostra di Venezia negli ultimi anni ha evitato il binario morto, speriamo che passata l’emergenza dimentichi l’artistico cineclub.

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