una fogliata di libri

Distretti di confine

Rinaldo Censi

La recensione del libro di Gerald Murnane edito da Safarà, 128 pp., 16 euro

Pubblicato nel 2017, Distretti di confine è l’ultima opera narrativa di Gerald Murnane, composta dallo scrittore dopo il suo trasferimento da Melbourne in una minuscola località non distante dalle pianure di Wimera, al confine con l’Australia meridionale. Da allora, si è occupato solo di libri fuori catalogo, poesia o album di letture poetiche come Words in Order, che dimostra, ancora una volta, l’eccentricità del suo autore, capace di combinare liriche di Thomas Hardy insieme a quelle di band punk come i Devo. Chi ha amato la rarefazione ipnotica di Le pianure, quel lento inabissarsi nelle pagine fino a perdersi nella mente di chi scrive, amerà alla follia Distretti di confine.

   

E’ a tutti noto che Gerald Murnane frequentò per alcuni mesi un seminario di formazione religiosa. Attratto dall’ascetismo e dall’opportunità di avere una stanza tutta per sé, voleva diventare un “prete poeta” come Gerard Manley Hopkins. Nel libro si cerca di venire a capo di questa vocazione mancata. La religione, la sua liturgia, le sue prescrizioni, riverberano continuamente nelle pagine, a partire dal sacramento dell’Eucarestia. Distretti di confine tratta in maniera rimarchevole questioni che hanno pungolato a lungo Agostino. Cos’è il tempo? E la memoria? Come funziona? Si interroga sul concetto di fede: rimugina sulla sua perdita. Discute la figura trinitaria. Convoca tra le pagine scrittori: Proust, Hardy, Chesterton, Lawrence. Tutto il libro è un tour de force stilistico, una continua evocazione di fatti accaduti, o immaginati (la “zona” liminare, il distretto di confine evocato fin dal titolo, è anche questa), tanto che risulta impossibile riassumerne la trama. Per questo ci affascina. Murnane è un uomo che ama osservare le cose. E’ un verificatore di paesaggi esteriori e interiori. I suoi libri sono dispacci spediti da queste due “zone” sovrapposte, meglio, in sovrimpressione, in cui ritroviamo descrizioni, associazioni di immagini, ricordi biografici, fotografie, colori. Prendete le pagine sulla struttura architettonica di una vecchia chiesa di quartiere. La luce che impatta le finestre smerigliate riverbera sulla loro superficie una serie di tinte inafferrabili per l’occhio. Ed è proprio la finestra del porticato, la sua misteriosa composizione, a sollecitare in chi scrive (già, chi è che scrive?) le pagine del libro che stiamo leggendo. Meravigliosa instabilità della luce, sempre cangiante; così come instabile e sperimentale è l’io di chi scrive. Tutto il libro è un lungo détour dell’occhio e della mente. Tra ricordo, invenzione e oblio, le figure che lo abitano possiedono la consistenza gassosa dei fantasmi. 

    

Gerald Murnane
Distretti di confine
Safarà, 128 pp., 16 euro

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