Foto ANSA

Una fogliata di libri

“Scritti corsari” validi anche oggi

Matteo Marchesini

Per capire la realtà sceglie di leggere le facce, quegli articoli brutalmente schematici scritti da Pier Paolo Pasolini per il Corriere della Sera e il settimanale Tempo interpretano ancora i lineamenti dei nostri volti, ereditati dai giovani di cinquant'anni fa

Nella tarda primavera di cinquant’anni fa usciva “Scritti corsari” di Pier Paolo Pasolini, composto in gran parte da articoli consegnati al Corriere della Sera e al settimanale Tempo tra l’inizio del 1973 e l’inizio del ’75. E’ il libro proverbiale delle allegorie maiuscole, delle parabole immaginose e delle invettive anaforiche (il Potere, le Lucciole, il Romanzo delle stragi…). Qui Pasolini si avvicina a Pannella, riconoscendo che il leader radicale incarna i princìpi assoluti dello stato di diritto con un’azione assolutamente realistica, ossia capace di costringere il potere a rispondere di sé stesso. D’altra parte, vista la mutazione antropologica totalitaria che a suo avviso ha unificato e distrutto le culture italiane in pochi anni, le vittorie referendarie e le nuove tendenze laiche sono per lui ambigue (si vedano le pagine sull’aborto, sul coito, e sulla furiosa volontà di vita di quel “feto” che è emblema per eccellenza pasoliniano).

Bifronti gli appaiono anche la titubanza del Pci, e una Chiesa divisa tra la disperazione vera e il pragmatismo cinico da Sacra Rota. Il fatto è che il Nuovo Fascismo dell’omologazione non ha più bisogno né di clericali, né di umanisti liberali, né di rivoluzionari; e gli stessi democristiani rappresentano ormai l’involucro di un sistema il cui cuore sta altrove. La religione è ridotta a folclore pubblicitario, come nella réclame dei jeans Jesus. Mentre nelle menti si agitano ancora vetusti fantasmi ideologici, sul piano esistenziale si vive già nel futuro. Un futuro che ai conformismi interni alle singole classi ne sostituisce uno solo, quello della massa indifferenziata, schiava di modelli edonistici che si affermano con la loro pura presenza: la Famiglia e la Coppia Eterosessuale come meri nuclei di consumo. Chi non può raggiungere questi modelli ne produce delle caricature dolorose, sprofondando in un abisso di frustrazione, nevrosi e vergogna.

E’ il caso dei sottoproletari, un tempo fieri di una loro autonomia che poteva convivere con l’obbedienza senza perciò essere contaminata dall’ideologia padronale o clerico-fascista (di questa sublime estraneità, autori come Penna e Comisso offrono un correlativo poetico). Ora, invece, “si sono imborghesiti”, mentre “i borghesi si sono sottoproletarizzati”, perché la tecnocrazia rattrappisce le facoltà umanistiche che tuttavia possiedono ancora. Trionfa così la mostruosa classe media dei ragazzi che o si esprimono con gerghi scolastici o agiscono con una violenza degradata, animale; la classe degli intellettuali teppisti, ricattatori, goliardici, che hanno la fobia dei sentimenti e linciano d’istinto chi non condivide le lotte messe all’ordine del giorno dall’industria culturale. “Scritti corsari” si apre con una famosa analisi semiologica dei capelloni, simbolo di una “sottocultura di protesta che si opponeva a una sottocultura di potere”.

Prima quel simbolo è muto, poi – dopo il ’68 – viene accompagnato da dibattiti verbosi: ma intanto la moda ha uniformato i volti, rendendo indistinguibili i giovani di sinistra dai giovani fascisti. E i fascisti non sono tali che nominalmente: in realtà si rivelano dei conformisti folli, cui forse basterebbe una parola per salvarsi. Pasolini lo ricorda a Calvino, che non vorrebbe nemmeno incontrarli. Come Pannella, infatti, il poeta sa che tutti abbiamo una certa intimità con i fascismi – vecchi e nuovi; e come Pannella, mentre il linguaggio verbale si burocraticizza, per capire la realtà sceglie di leggere le facce. Recupera così i temi dei filosofi francofortesi in corpore vili, sfruttando la sua vita notturna da “dottor Hyde”. Il risultato è eccezionale: questi articoli brutalmente schematici, coi loro miti razionali ed emergenziali, interpretano ancora i nostri lineamenti, ereditati ahimè dai giovani di allora.

Di più su questi argomenti: