Una fogliata di libri

Le città e i giorni

Matteo Moca

La recensione del libro di Filippo D’Angelo edito da nottetempo (336 pp., 18 euro)

Una cartografia della letteratura italiana contemporanea mostrerebbe facilmente la presenza massiccia, e talvolta ingombrante, di romanzi famigliari, di narrazioni più o meno autobiografiche in cui queste relazioni funzionano come macchina narrativa e come bussola per indagare le urgenze del vivere attuale. Le città e i giorni appartiene a questa schiera di narrazioni, ma lo fa in maniera originale, sfruttando le possibilità combinatorie offerte dalle esistenze di due fratelli molto diversi tra loro e dagli spazi geografici, sempre diversi, che abitano. Come per i gemelli protagonisti del capolavoro di Michel Tournier Le meteore, i fratelli di Le città e i giorni sono per D’Angelo uno “strumento di conoscenza”: Maurizio è, come il padre, un architetto, che dopo aver vissuto a Genova e Parigi accetta, su consiglio paterno, di tornare a Milano per lavorare all’avveniristico progetto di un grattacielo, mentre Emanuele vive in Africa, spazio esteso di una fuga perenne, dove lavora tra le maglie, talvolta poco chiare, sempre legate a insostenibili situazioni di violenza, della cooperazione internazionale. 

Nel gioco narrativo perfettamente orchestrato dall’autore (trama a cui si aggiunge il calibrato segreto che segna la fuga dei fratelli), questi due poli si arricchiscono quindi degli spazi che i protagonisti abitano: le città, manufatti che testimoniano la fame umana di eternità, cattedrali fragili in un mondo che scorre inesorabilmente e dimentica tutto, appartengono per Maurizio a due categorie, le “città-padri” che “spingevano all’emancipazione” e le “città-madri” che invece “proteggevano e imprigionavano”, diventando così plastica rappresentazione degli stessi desideri di realizzazione di chi li abita, organismi viventi a cui addossare colpe e responsabilità, luoghi dell’assenza, della ricerca di una nuova casa. In questo reticolo spaziale si muovono in parallelo Maurizio ed Emanuele, anche se le loro vite, in fondo, sono accomunate da una ricerca simile che li porta a scoprire che la realtà è molto diversa da ciò che hanno sempre immaginato. A Maurizio il ritorno a Milano instillerà dubbi esistenziali e professionali difficilmente arginabili, a Emanuele invece la scelta della cooperazione mostrerà atrocità insostenibili: nello spazio vuoto che separa quindi il sogno e la sua realizzazione, l’aspettativa e la vita, sta la dolorosa incompletezza di un’intera generazione, incapace, pur nell’urgenza di un’emancipazione salvifica, di staccarsi definitivamente dai propri padri. 

    

Filippo D’Angelo
Le città e i giorni
nottetempo, 336 pp., 18 euro

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